Fino a un paio d’anni fa le societa’ del settore biotecnologia erano, non solo snobbate dagli investitori, ma in cattive condizioni finanziarie.
Poi e’ giunta la notizia che da piu’ parti si stava studiando il codice genetico e gli investitori si sono affrettati a prendere parte allo sviluppo dell’industria.
Nonostante una breve pausa di riflessione in marzo, dovuta all’opposizione del presidente americano Clinton e del primo ministro britannico Blair al brevetto dei geni per uso commerciale, i titoli biotecnologici hanno continuato a salire. L’indice Nasdaq del settore e’ infatti in aumento del 39,3% per l’anno, anche se i titoli Nasdaq sono in calo dell’1,4%.
Se le societa’ della biotecnologia hanno dovuto lottare per continuare le loro ricerche e si sono spesso trovate in posizione svantaggiata rispetto alle grandi multinazionali, sia in termini di finanziamenti che di influenza nell’ottenere approvazioni federali, e’ ora tutto un problema del passato.
Oggi le piccole societa’ della genetica non necessitano piu’ il denaro dei colossi farmaceutici – nei primi sei mesi dell’anno i nomi della biotecnologia hanno raccolto fondi per $22,1 miliardi, il triplo rispetto al 1998 – e sono in grado di stringere con questi alleanze per mettere sul mercato le nuove terapie.
E’ il caso di OSI Pharmaceuticals (OSIP) che nel 1986 ha accettato di aiutare Pfizer (PFE) a sviluppare nuovi farmaci anti cancro per un ritorno del 5% sulle vendite, ma che ora si e’ ripresa il pieno diritto alle sue terapie e varie societa’ farmaceutiche le fanno la corte per sostituirsi a Pfizer.
Non solo OSI ha recentemente ottenuto $56,5 milioni di finanziamenti, ma se decidesse di cercare un partner potrebbe ottenere una fetta piu’ consistente dei profitti. OSI ha gia’ stabilito collaborazioni con Novartis e Solvay e ha venduto la divisione diagnostica a Bayer.
Anche le offerte iniziali hanno registrato successi insperati fino a due anni fa; la tipica Ipo del settore biotecnologico e’ passata da $30 milioni a $100 milioni, con societa’ quali Abgenix (ABGX) e Millennium Pharmaceuticals (MLNM) collocate in borsa per $400 milioni ciascuna.
Questo ha creato una nuova classe di societa’ biotecnologiche, matricole del mercato, ma in grado di competere con le grandi aziende farmaceutiche nella licenza delle tecnologie, di diversificare il rischio con lo sviluppo contemporaneo di piu’ farmaci, e di acquistare altre societa’.
Abgenix, spinoff di Cell Genesys (CEGE), ad esempio ha acquistato da Japan Tobacco la tecnologia XenoMouse – che usa cavie geneticamente alterate- per sviluppare anticorpi utilizzati nelle terapie di malattie immunitarie, e Millennium Pharmaceuticals ha pagato $55 milioni per Cambridge Discovery Chemistry.
Le societa’ biogenetiche conoscono la loro nuova forza e hanno iniziato a richiedere alle societa’ farmaceutiche condizioni piu’ favorevoli, quali l’equa divisione dei profitti -come nel caso del farmaco anti-cancro che viene sviluppato congiuntamente da Abgenix e Immunex (IMNX) e nella partnership tra Millennium Pahrmaceuticals e il colosso europeo Aventis.
Altre societa’, con le casse rinforzate dalle Ipo decidono di condurre da se’ gli esperimenti clinici, e di portare, come Allos Therapeutics (ALTH), indipendentemente le nuove terapie sul mercato, anche se i legami con le case farmaceutiche rimangono – il 20-30% del budget di ricerca viene infatti ancora speso in collaborazioni esterne.
Gli analisti suggeriscono pero’ alle societa’ biotecnologiche di essere caute nel loro moto d’indipendenza; l’intera capitalizzazione delle societa’ del settore collocate in borsa e’ pari a $400 miliardi, vale a dire solo Pfizer e Merck combinate.
I giganti della farmaceutica, poi, danno un timbro di validita’ alle piccole societa’ biotecnologiche agli occhi degli investitori e riescono a offrire la loro esperienza sia nel processo di sperimentazione che nel marketing e nella vendita delle terapie.