MILANO (WSI) – Si fanno più consistenti i ribassi per l’azionario europeo dopo i forti guadagni di ieri. Il Ftse MIB accelera al ribasso, segnando un calo -3,18% a 21.472,68 punti. Tra i titoli maggiormente colpiti Mps -4,80%, BP -4,42%, Intesa SanPaolo -4,68%, Mediobanca -3,97%, Unicredit -4,93% tra i bancari; molto male anche Cnh Industrial -4,05%, FCA -2,94%, Azimut Holding -4,89%, Finmeccanica -3,68%, Moncler -4,27%, Saipem -3,87%, Tenaris -4,25%.
Sul mercato dei titoli di stato, spread BTP-Bund a 10 anni +1,63% a 120,51 punti base, con tassi sui BTP decennali -2,47% all’1,86% e i rendimenti sui Bund tedeschi crollati -9,14% allo 0,66%.
La parentesi odierna è stata senza alcuna ombra di dubbio negativa, ma Bloomberg fa notare come l’impatto delle turbolenze dei mercati sia stato contenuto in Italia, rispetto a molti altri indici di Borsa. Mentre l’azionario europeo, in generale, ha azzerato più di 3/4 dei guadagni incassati nel 2015, l’indice benchmark Ftse Mib rimane in rialzo, da inizio anno, +15%.
Il motivo per cui l’azionario italiano ha sofferto meno il recente crollo che ha travolto i mercati globali è perchè le aziende italiane non sono molto esposte verso la Cina. Allo stesso tempo, i traders speculano sulla ripresa dell’Italia e dunque sulla riscossa di un indice di Borsa che ha performato peggio di altri negli ultimi 10 anni.
Basti pensare che mentre il DAX della Borsa di Francoforte è crollato -17% dal suo record segnato ad aprile, sulla scia dei ripetuti tonfi che hanno colpito i titoli automobilistici, le azioni italiane hanno perso meno della metà, riportando un trend migliore di quello della maggior parte dei listini benchmark di altre piazze europee. Da segnalare che le principali aziende quotate sul Ftse Mib – Eni, Intesa SanPaolo e Unicredit – ricevono più del 65% del loro fatturato dall’Europa e meno del 15% dall’Asia.
Il Ftse Mib ha perso -38% nel periodo compreso tra il 2005 e il 2014, mentre lo Stoxx Europe 600 Index nello stesso arco temporale, è avanzato del 36%.
Al momento, comunque, il Ftse Mib è scambiato a un valore pari a 17,1 volte gli utili attesi, più rispetto a qualsiasi altro listino azionario in Europa.
Tornando alla sessione odierna ha deluso, nel complesso, il report occupazionale Usa di agosto che, a fronte di un tasso di disoccupazione in flessione al 5,1% – comunque al minimo in più di 7 anni – ha messo in evidenza una creazione di nuovi posti di lavoro di appena 173.000 unità. Quanto ha spaventato però maggiormente gli operatori di tutto il mondo è stata la dichiarazione del presidente della Fed di Richmond Lacker, che ha di fatto ammesso che un rialzo dei tassi Usa si avvicina.
Prima della stessa pubblicazione del report occupazionale, Lacker ha detto che “tassi eccezionalmente bassi non sono più giustificati dal mercato del lavoro” e che “è improbabile che il report di agosto alteri in modo materiale il quadro”.
E ancora, sordo agli appelli dell’Fmi, che proprio nelle ultime ore ha invitato la Fed e la Bce ad andare avanti con le loro politiche di allentamento monetario, Lacker ha continuato: “è improbabile che la recente volatilità dei mercati finanziari incida sui fondamentali economici degli Stati Uniti, di conseguenza le implicazioni per la politica monetaria sono limitate”.
Parla intanto l’esperto. “La nostra impressione è che la delusione delle figure di agosto sia stata in gran parte controbilanciata dalla revisione al rialzo delle stime dei mesi precedenti. Inoltre, gli operatori potrebbero sperare in una revisione al rialzo delle stime di agosto il prossimo mese. Continua a scendere il tasso di disoccupazione, ora al 5,1%, prossimo ai livelli che la Fed aveva più volte invocato essere strategico per un rialzo dei tassi. Un simile report sul mercato del lavoro da solo non è sufficiente ad allontanare lo spettro del rialzo dei tassi di interesse da parte della Fed nella prossima riunione di settembre. Già questa mattina gli investitori erano apparsi abbastanza nervosi per questa eventualità – ha scritto in un report Vincenzo Longo, market strategist per IG – Sebbene una simile notizia non necessariamente sia causa di vendite sulle borse, il mercato sta dando seguito a dei ribassi visto che la Banca centrale più importante del mondo si appresta ad avviare una politica monetaria restrittiva, nonostante i persistenti timori sul rallentamento della Cina e il recente taglio delle stime sulla ripresa globale. A questo punto solo una repentina discesa dei prezzi del greggio e un ritorno delle tensioni sui mercati potrebbero allontanare questa possibilità”.
Longo continua: “Sui mercati, il cambio Eur/Usd oscilla intorno all’1,11 dopo una fase di iniziale calo. In questo momento sul cross stanno agendo due forze contrapposte. Da un lato ci sono pressioni ribassiste guidate da un rafforzamento del biglietto verde in vista del rialzo dei tassi della Fed, dall’altro, la fase di risk off sulle borse sta determinando la chiusura di posizioni in carry trade che spinge gli investitori a riacquistare euro”.
La moneta unica rimane in generale sulla difensiva, dopo le rassicurazioni da colomba di Draghi di ieri mentre le materie prime sono di nuovo scese.
Dal fronte macro sono arrivati segnali di debolezza dalla Germania, dove gli ordini alle fabbriche hanno subito un calo dell’1,4% in luglio. I dati confermano il pessimismo mostrato ieri da Draghi sullo stato di salute non proprio roseo dell’economia dell’area euro.
L’altra grande osservata speciale è la Cina. Il PMI di Hong Kong è sceso ai minimi pluriennali. L’indice che misura le condizioni del settore privato aziendale del paese è calato a 44,4 in agosto. Nel 2015 è entrato in una fase di contrazione.
In Asia la Borsa cinese è ancora chiusa per le commemorazioni della fine della Seconda Guerra Mondiale. Tokyo ha perso il 2,2% scivolando ai minimi da febbraio. Sessione in rosso anche per Hong Kong. Il dollaro australiano è sceso ai minimi di sei anni, mentre i metalli industriali continuano a perdere terrenno.
In tema di materie prime, i futures sul petrolio cedono -1,05% a $46,26 al barile, Brent -0,97% a $50,19. Oro -0,44% a $1.119,50, argento -0,83% a $14,59.
Sul valutario, l’euro praticamente invariato, -0,04% a $1,1118. Dollaro/yen -0,92% a 118,97. Euro/franco svizzero +0,14% a CHF 1,0843, euro/sterlina +0,42% a GBO 0,7321; euro/yen -0,97% a JPY 132,27.
(DaC-Lna)