Una valanga di sell ha messo al tappeto il Nasdaq, ulteriore segnale che a Wall Street continua la rotazione settoriale. L’indice hi-tech della Borsa Usa ha chiuso la seduta di ieri con un calo del 2,77% a 17.996,92, registrando la peggiore seduta dal dicembre 2022 e chiudendo sotto quota 18.000 per la prima volta dal primo luglio. Contiene le perdite lo S&P 500 (-1,39% a 5.588,27) mentre il Dow Jones Industrial Average ha invece aggiunto 243,60 punti, pari allo 0,59%, per chiudere per la prima volta sopra i 41 mila punti, per la precisione a 41.198,08 punti.
Che cosa sta succedendo
La seduta di ieri conferma il cambio di rotta degli investitori del mercato americano, che stanno scaricando i titoli tecnologici ad alto rendimento per favorire nomi più sensibili ai tassi e small cap.
A cadere sotto i colpi dei sell, sono in particolare i semiconduttori, tra i protagonisti indiscussi del rally hi-tech. Ieri, il VanEck Semiconductor ETF (SMH) è sceso di oltre il 7% , il suo giorno peggiore da marzo 2020. Non si salva Nvidia (-6), mentre fanno peggio le azioni quotate negli Stati Uniti della Taiwan Semiconductor ( -8%).
Come fa notare, David Pascucci – Analista dei Mercati per XTB , nella giornata di ieri, “le Big 5 (Apple, Amazon, Google, Microsoft, Nvidia) perdono tra il -1,5% e il -6%, ribassi che hanno bruciato parecchia capitalizzazione e che hanno portato a registrare una performance minima dell’indice al -3%, la peggior giornata di trading da dicembre 2022. Consideriamo il fatto che fino a qualche giorno fa, la capitalizzazione delle Big 5 era arrivata a 14.800 miliardi di dollari, alla fine della giornata di ieri eravamo quasi 1.000 miliardi al di sotto, quindi a ridosso dei 13.900 miliardi”.
La rotazione si deve al crescente ottimismo riguardo ai tagli dei tassi di interesse, che favorire le small cap e le società con costi di finanziamento più elevati. Secondo i futures sui Fed funds, c’è un’alta probabilità che la Federal Reserve riduca i tassi a settembre.
“Le persone stanno letteralmente vendendo alcune delle megacap, prendendo profitti e acquistando alcune delle società più cicliche”, ha dichiarato Mike Dickson di Horizon Investments.
Chip affossati dal tensioni geopolitiche
Le vendite sui semiconduttori sono state alimentate dalla notizia riportata da Bloomberg, in base alla quale l’amministrazione Biden starebbe prendendo in considerazione un’ampia regolamentazione per limitare le aziende che esportano in Cina le loro apparecchiature fondamentali per la produzione di chip.
A mettere legna al fuoco, infine, i commenti di Donald Trump, che in un’intervista a Bloomberg Businessweek, parlando di Taiwan ha detto: “Hanno preso il 100% delle nostre attività sui chip, dovrebbero pagarci per la difesa: non siamo diversi da una compagnia assicuratrice. Taiwan non ci dà nulla, è a migliaia di chilometri di distanza da noi”.
Taiwan è responsabile di oltre il 90% della produzione mondiale dei chip più avanzati e la maggior parte proviene proprio dagli impianti di Taiwan Semiconductor Manufacturing Company (Tsmc) . A differenza delle rivali, Intel ha deciso di dare la priorità alla sua Intel Foundry, per avere un’alternativa a Tsmc. Ora, Intel è vista, negli Stati Uniti, come l’unica alternativa nazionale allo strapotere taiwanese.