Le Borse stanno guadagnando qualcosa in un giorno ricco di dati macro in Germania, Regno Unito e Stati Uniti, ma in quest’ultimo paese preoccupa soprattutto la situazione del comparto tecnologico: i cosiddetti FAANG sono uno dei grandi trascinatori della fase rialzista degli ultimi anni, ma in queste ultime sedute pagano le minacce di Trump ad Amazon e lo scandalo datagate che ha travolto Facebook. Nel mentre l’appiattimento della curva dei rendimenti potrebbe rovinare i piani della Federal Reserve. L’istituto centrale sta spingendo sul pedale dell’acceleratore, con un ciclo di rialzo dei tassi che dall’anno prossimo sarà più sostenuto delle previsioni di mercato. A bloccare la Fed nel suo cammino potrebbe però essere curva dei rendimenti Usa. La parte breve (front end) sta infatti salendo, mentre quella a lungo no, perché non sembra altrettanto convinta che un’inflazione stia per arrivare. Così per lo meno dice l’andamento dei Bond Usa, ma forse in realtà sono semplicemente le iniezioni di denaro folli delle banche centrali mondiali a distorcere i valori di mercato e confondere il quadro.
Al momento quello che si sa è che si ottengono solo 72 punti base di premio quando si comprano i titoli di Stato americani a lungo termine (30 anni) anziché quelli della scadenza a due anni. Lo spread tra il biennale e il decennale è di soli 48 punti base. La Fed sta sicuramente monitorando la situazione, preoccupata dal graduale appiattimento della curva: se i banchieri del board impongono altre due strette monetarie, come prevedono di fare, la curva dei rendimenti si invertirebbe quasi certamente e questo farebbe suonare un campanello di allarme per l’economia, indicando una recessione dietro l’angolo. Se lo spread tra il due e il dieci anni dovesse scendere sotto i 25 punti base, la Fed potrebbe avere dei ripensamenti.
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