Mercati

Borse rimbalzano dopo il lunedì nero, Tokyo +10%. Analisti: “occhio alla volatilità”

Rimbalzano questa mattina le Borse asiatiche dopo il lunedì nero, che ha mandato a picco tutti i principali listini mondiali.

Borse: Tokyo rimbalza, avvio positivo per l’Europa

Ma partiamo dalla Borsa di Tokyo. Dopo il crollo del 12,4% di lunedì, l’indice Nikkei ha chiuso in rialzo del 10,23% a 36.675,46 punti, registrando la più grande impennata in una singola seduta della sua storia. Il più ampio indice Topix ha recuperato il 9,3% a 2.434,21 punti.  Il recupero ha riportato sia il Nikkei che il Topix in territorio positivo per l’anno in corso.

Timido tentativo di rimbalzo per i mercati azionari del Vecchio continente: la Borsa migliore è quella di Amsterdam che sale dello 0,6%, seguita da Francoforte in aumento di mezzo punto percentuale.  In rialzo dello 0,3% Londra e dello 0,1% Parigi e Madrid. In un clima molto volatile, Milano sale dello dello 0,2% dopo una partenza leggermente migliore.

Wall Street: futures positivi

Questa mattina intanto i futures sui principali indici di Wall Street si muovono in territorio positivo, ad indicare un avvio cdi seduta col segno più dopo le perdite di ieri. I futures sul Dow Jones salgono dello 0,70%, quelli sullo S&P 500 avanzano dell’1,10%, mentre quelli sul Nasdaq salgono dell’1,38%.

Alla chiusura di ieri il Dow Jones che ha ceduto il 2,60% a 38.703 punti, ancora peggiore il Nasdaq con – 3,38% a 16.208 punti mentre lo S&P 500 arretra di – 2,93% a 5.190 punti. La borsa di New York quindi ha chiuso questo lunedì nero con gravi perdite anche se ha recuperato un po’ rispetto al profondo rosso dell’apertura con il DJ a -2,77% e Nasdaq a -6,06%.

Turbolenze del mercato: le cause

Il giorno dopo il crollo dei listini, gli analisti si interrogano sulle cause che hanno scatenato il sell-off.

Robert Almeida, Global Investment Strategist & Portfolio Manager di MFS IM ha spiegato:

E’ difficile capire quale sia stato il fattore di stress per il sell-off. Pensiamo che si tratti di una combinazione di molti fattori che hanno portato a un numero eccessivo di operazioni a leva verso una exit che non può essere adeguata a tutti. Molti si chiedono se il mercato stia reagendo in modo eccessivo. Il prezzo è ciò che si paga e il valore è ciò che si ottiene. Il prezzo degli asset di rischio è stato troppo alto e il valore (cioè il rendimento del capitale) è stato inferiore alle aspettative. La volatilità è il mercato che si adegua a ipotesi errate, il che ci riporta alla questione precedente: le aspettative del mercato sui redditi, a nostro avviso, erano troppo elevate. Sebbene i ricavi o gli utili debbano ancora crollare, i mercati li scontano prima che questo accada attraverso evidenze indirette, come forse è accaduto la scorsa settimana.

Gli indizi del crollo

Prima del sell off di ieri, qualche indizio sul possibile tracollo dei mercati poteva essere intuito anche dalla mosse di alcuni esperti del mercato. È il caso di Warren Buffett: il noto finanziere Usa, dopo aver ridotto la partecipazione in Bank of America, ha dato un taglio netto anche ad Apple. Un ulteriore indicazione è inoltre arrivata dalla vendite di azioni al ritmo più alto di un decennio da parte di dirigenti e manager americani.

Cosa fare durante la tempesta

Dopo le recenti prese di beneficio, quale approccio adottare sul fronte degli investimenti?

Lo spiega Matteo Ramenghi, Chief Investment Officer di UBS WM in Italia, in una nota:

“Suggeriamo quindi agli investitori di prepararsi a una fase meno tranquilla rispetto alla prima parte dell’anno, ma di evitare di reagire eccessivamente. Nel complesso rimaniamo neutrali sul mercato azionario e vediamo un’opportunità nella costruzione dell’infrastruttura necessaria all’intelligenza artificiale, dai semiconduttori alle mega cap. Favoriamo anche le azioni di qualità in senso ampio, cioè quelle di società con posizioni competitive forti, poco debito e flussi di cassa resilienti. A livello di Paese, ci piace il mercato azionario del Regno Unito date le valutazioni interessanti, l’esposizione alle materie prime e la nostra aspettativa di una ripresa degli utili. Rimaniamo positivi sulle obbligazioni investment grade con scadenze medio- lunghe per i rendimenti interessanti, a maggior ragione in considerazione della discesa dei tassi, e il potenziale di apprezzamento in un contesto di diminuzione dei tassi d’interesse e la natura meno ciclica”.

Pur ritenendo eccessive la paure sulla recessione Usa, Ramenghi sottolinea che le trimestrali sino ad ora sono state buone in termini di ricavi e utili, negli Stati Uniti più che in Europa, ma appena all’altezza delle elevate attese degli investitori.

Tutto questo mentre la VIX, Volatility Index, che misura la volatilità attesa del mercato azionario statunitense e spesso viene chiamata “indice della paura”, si è riportata a un livello di circa 20 lo scorso venerdì, che è in linea con la media storica ma che non veniva raggiunto da ottobre dello scorso anno.

“Un ritorno a livelli più elevati di volatilità era in parte atteso considerando l’elevata incertezza politica e in vista delle elezioni presidenziali statunitensi di novembre. Tuttavia, occorre ricordare che la struttura attuale del mercato fa sì che la volatilità possa produrre altra volatilità”, conclude Ramenghi.