Di fronte al recente rally delle Borse, sono molti gli investitori a chiedersi se è il caso di aumentare l’allocazione in azioni e inseguire il rally oppure no. Soprattutto in un contesto macroeconomico, come quello attuale, caratterizzato da una forte debolezza, i cui tempi di ripresa restano ancora incerti.
Secondo Monica Defend, Global Head of Research di Amundi:
“Pur mantenendo la preferenza strategica per gli attivi rischiosi, siamo convinti che sia tatticamente più sicuro rimanere all’interno dell’universo delle obbligazioni investment grade (protetto dall’ombrello delle banche centrali) visto che riteniamo probabile una nuova flessione dei listini azionari, come spiegheremo di qui a poco.
Il contesto economico è peggiorato in brevissimo tempo: c’è stata un’inversione di tendenza per quanto riguarda sia i dati pubblicati, sia la dinamica dell’economica, impattando il sentiment sul rischio.
Sappiamo che lo scenario di ripresa a medio termine che probabilmente si delineerà nel 2021 fornirà significative opportunità di rialzo. Tuttavia, i mercati azionari stanno scontando questo scenario rialzista già ora, in un momento in cui persistono profonde incertezze”
Meglio, secondo l’esperta di Amundi, puntare sul reddito fisso. Questo perché “i rendimenti obbligazionari e i prezzi del petrolio rimangono molto bassi e le aree cicliche finora non hanno tratto un grande vantaggio dai rimbalzi del mercato. Le revisioni degli utili stanno andando nella direzione dei minimi storici e stanno spingendo il rapporto prezzo/utili di nuovo verso i massimi. Il grafico sottostante spiega il motivo della nostra attuale prudenza.
Nel 2009 abbiamo assistito a una recessione degli utili e gli sforzi delle banche centrali hanno spianato la strada a un regime di vera e propria refrazione degli asset. Oggi le valutazioni (percentili P/E per gli utili 2020) sono completamente diverse, e tutti i principali indici azionari hanno già raggiunto il picco. Infatti, un indice Msci Usa all’84esimo percentile (nella bolla blu nel grafico) potrebbe non offrire le migliori opportunità di rialzo. Questa è la principale differenza tra la situazione attuale e quella nel 2009.
Nel 2009, i rapporti P/E si collocavano già nei percentili bassi (bolla grigia nel grafico) e le politiche monetarie non convenzionali delle banche centrali permisero alle azioni di risalire. In conclusione, vorremmo dire che le politiche monetarie non convenzionali hanno ancora una volta ridato fiato ai prezzi dei titoli.
Tuttavia, se facciamo un confronto con il 2009, gli attuali utili per azione sono molto bassi e i livelli P/E sono così estremi che difficilmente assisteremo a un mercato rialzista trainato dall’espansione dei multipli”.