ROMA (WSI) – Non è un mondo facile quello delle Borse. Questa mattina gli investitori sono rimasti delusi dal piano di ripresa annunciato dal primo ministro giapponese, Shinzo Abe, mentre in serata l’attenzione sarà catalizzata dal beige book della Federal Reserve, che fornirà indicazioni sulle prossime mosse di Ben Bernanke. Con l’Europa ancora in crisi stare a galla nei saliscendi dei mercati mondiali non è impresa facile.
Corrado Caironi, strategist di Research and Capital Allocation – Ricercaefinanza.it, racconta a Wall Street Italia l’importanza di approcciare le Borse in modo dinamico. Per cogliere tutte le opportunità, che nonostante tutto, si trovano ancora sui listini e anche fra le obbligazioni.
Dovendo gestire un portafoglio a 10 anni di un investitore italiano che vuole rendimenti sicuri, quali sono le scelte che privilegiate?
Se per rendimenti sicuri intendiamo una redditività certa ad una scadenza certa ci si deve rivolgere a depositi o a investimenti obbligazionari, con scadenza e tasso prefissati, e con alto rating per non incappare in eventuali default. Nel caso specifico, l’orizzonte di dieci anni impone una pianificazione per la condivisione di bisogni e obiettivi che l’investitore si propone, commisurati al suo profilo di rischio, vedi la necessità di liquidità immediata o di flussi di cassa periodici. E’ sempre preferibile investire in un paniere di titoli e se possibile avere una diversificazione che coinvolga più classi di attivo. Con le soluzioni di investimento a disposizione del mercato retail, una volta identificati gli obiettivi e il profilo, è facile costruire un portafoglio personalizzato con il semplice aiuto di un consulente.
Ma al di là dei suggerimenti gli investitori verso cosa sono più orientati per i loro portafogli personali?
Ci sono almeno tre evidenze che la maggior parte degli investitori chiede: in primo luogo una moderazione dei rischi, che eviti di compromettere in modo irreparabile il portafoglio; in secondo luogo, un flusso di liquidità periodico perché lo rende più consapevole e coinvolto nella gestione attraverso il reinvestimento di dividendi e cedole, ed infine, una relazione personalizzata con il consulente; è un modo per sentirsi “accompagnato” nelle scelte di investimento.
I bond italiani stanno riscontrando grande appeal. Questo accade perché sono percepiti come sicuri. Ma sono veramente un porto sicuro?
Penso che sia normale per un risparmiatore italiano sentirsi più comodo a casa propria. I fondamentali sulla finanza italiana rimangono solidi, quando penso al rapporto patrimonio – debiti, anche se la recessione sta aumentando i disagi soprattutto sull’occupazione e un deterioramento nei conti pubblici; dopo la crisi finanziaria questo ha comportato un innalzamento del rapporto Debito/PIL, un costo di rifinanziamento del debito tra i più alti in Europa e un rating di qualità di credito molto più basso rispetto ai paesi nordici e alla Germania. Una uscita dalla crisi recessiva porterebbe un vantaggio immediato in termini di rating.
Quali altri governativi possono essere presi in considerazione nell’attuale fase di mercato?
A discapito dei rendimenti avere un paniere di governativi diversificato con titoli con più alto rating può essere una soluzione ottimale; in questo caso consiglierei fondi obbligazionari governativi a gestione attiva in cui il gestore si può muovere dinamicamente. E’ bene ricordare che se non si vuole aumentare il rischio è utile optare per portafogli a cambio coperto.
E le obbligazioni corporate?
In questo caso entriamo in un mondo molto complesso dove la valutazione sull’emittente è estremamente importante e deve essere tenuta costantemente sotto controllo. Dopo la grande crisi finanziaria che aveva gettato nel panico il mercato dei corporate bond, a seguito del fallimento di Lehman Brothers, la fiducia è tornata gradualmente a favorire queste obbligazioni. La classe di attivo rimane interessante anche se la differenza la fa un buon team di gestione con approccio bottom up ovvero scegliendo singole aziende internazionali.
I mercati finanziari mondiali sono ormai manipolati da pochi grandi player. Così le strategie e punti di riferimento dei money manager stanno saltando. Quale tecnica o punti di riferimento lei utilizza per capire dove potrebbero essere “diretti” i mercati?
Da sempre prendo a riferimento le più importanti variabili macroeconomiche e i parametri di valutazione relativa, riepilogati in una dashboard, collegate a due diversi modelli proprietari di Asset Allocation; il portafoglio viene pertanto diviso in due parti Core e Satellite. La parte Core viene guidata da un modello di Asset Allocation Strategico di medio termine aggiornato trimestralmente e di maggiore impatto sulle macro asset class, aree geografiche sviluppate e stili di investimento.
La parte Satellite ha invece un modello di Tactical Allocation di breve termine; quest’ultimo lavora sulla rotazione settoriale, gli emerging markets, le commodities e il Real Estate. In prevalenza, per la composizione del portafoglio, utilizzo fondi a gestione attiva preselezionati, anche se in particolari situazioni diventa più efficiente l’utilizzo di ETF e portafogli a gestione passiva.