Italiani e altri cittadini comunitari in arrivo nel Regno Unito, in tutto circa una trentina, sono stati bloccati poco dopo il loro sbarco all’aeroporto e trattenuti in appositi centri di detenzione. Sprovvisti di visto e dei permessi necessari per raggiungere l’Inghilterra del dopo Brexit, sarebbero stati rimpatriati circa una settimana dopo il loro arrivo nel Paese.
“Non esiste un caso”, si sono difese fonti diplomatiche britanniche, “sono state interamente rispettate le procedure” previste in seguito all’entrata in vigore del regime post-Brexit, inaugurato lo scorso gennaio.
Eppure la permanenza in stato di detenzione è apparsa piuttosto lunga, benché ufficialmente giustificata dalla difficoltà di trovare voli disponibili per il ritorno in patria in questo periodo ancora segnato dalla straordinarietà del Covid-19.
Secondo quanto riferito da Politico, prima testata che si è occupata di questa storia, i soggetti fermati avrebbero avuto l’intenzione di cercare lavori poco specializzati nel territorio britannico per un breve periodo di tempo senza disporre dell’appropriato visto. Con l’uscita di Londra dall’Unione europea si è conclusa anche la libera circolazione dei lavoratori. Ai cittadini comunitari è consentito entrare nel Regno Unito per turismo fino a un periodo di 90 giorni. Ma se la polizia sospetta che l’ingresso sia motivato da ragioni lavorative, può scattare il blocco alla frontiera, esattamente come accaduto in questo caso.
Dopo la Brexit: per lavorare il visto è obbligatorio
“Non è consentito l’ingresso per lavoro, se non si dispone di regolare contratto o di un visto”, è la precisazione arrivata da Londra e pubblicata dall’AdnKronos, “gli europei respinti invece avrebbero dichiarato di voler entrare nel Paese per lavorare, ma senza averne i requisiti”. Detto questo, è stato aggiunto “la presenza italiana in Gran Bretagna era e continua a essere altissima. Moltissimi italiani, decine di migliaia se non di più, sono rimasti e hanno ottenuto il permesso di soggiorno”.