Nella media degli anni compresi fra 2014 e 2018, calcola il governo britannico, il contributo netto del Regno Unito al bilancio dell’Unione Europea è stato di 8,8 miliardi di euro all’anno (7,8 miliardi di sterline). La domanda che ora i vari leader europei si stanno facendo, a poche settimane dall’entrata in vigore della Brexit è: quali Paesi, e in quale misura, si faranno carico dell’ammanco nel bilancio che porterà con sé l’uscita del Regno Unito dall’Ue? Secondo un funzionario europeo, citato dall’emittente Cnbc, “questa discussione prenderà la forma di un combattimento lungo e sanguinoso” fra i vari Paesi membri. Secondo un secondo funzionario a conoscenza delle trattative l’argomento “non è solo un esercizio in materia di budget, ma anche un esercizio politico”.
Secondo alcune simulazioni del governo tedesco citate nei giorni scorsi dal Financial Times, la Germania, maggior contribuente netto del blocco europeo, si vedrebbe costretta a raddoppiare i propri contributi netti dai 15 miliardi del 2020 a 33 miliardi nel 2027 (ultimo anno del prossimo bilancio a lungo termine dell’Ue). Per l’Olanda l’incremento sarebbe da 7,5 miliardi a 13 miliardi di euro netti.
Secondo l’economista tedesco Daniel Gros il dato andrebbe ridimensionato: assumendo che la Germania si faccia carico di un terzo del mancato gettito britannico la contribuzione netta passerebbe da 13,5 a 16 miliardi. Appare chiaro, comunque, che per gli altri Paesi membri l’uscita del Regno Unito non potrà che rincarare il conto da pagare all’Europa, con particolare malcontento per i Paesi che già si trovano nella condizione di pagare a Bruxelles più di quanto non ricevano, come l’Italia (2,3 miliardi il saldo negativo nel 2017).
Oggetto delle trattative non sarebbero solo i pagamenti al budget europeo, ma anche le modalità di accesso ai fondi. La Francia, in particolare, sarebbe intenzionata a inserire più condizioni in modo tale da bloccare i flussi per quei Paesi che non rispettano valori di fondo dell’Unione Europea.