A cura di Marta Bonati, country manager di Ebury Italia
Dal 1° gennaio 2021, il Regno Unito ha lasciato definitivamente l’Unione Europea (Brexit), dopo un lungo processo di negoziazione. Ciò ha portato a una serie di cambiamenti che hanno avuto un impatto non solo sulla vita quotidiana delle persone, in particolare riguardo ai viaggi, agli studi e al lavoro nel Regno Unito, ma anche sul commercio internazionale, con conseguenze per le imprese e i consumatori. Sono infatti cambiate radicalmente le regole del commercio tra il Regno Unito e l’Ue: prima della Brexit, il Regno Unito faceva parte del mercato unico e dell’unione doganale dell’Ue, il che significa che non c’erano dazi doganali sulle merci scambiate tra il Regno Unito e gli altri paesi dell’Ue. Dopo la Brexit, invece, sono state istituite nuove barriere commerciali, con l’introduzione di controlli doganali e dazi sulle merci che attraversano il confine tra Regno Unito e Ur. Ciò ha comportato un aumento dei costi per le aziende che operano nel Regno Unito e ha ridotto la competitività dei produttori britannici sui mercati internazionali.
Secondo le prime stime dell’Office for National Statistics (Ons), le esportazioni britanniche verso l’Europa sono diminuite del 75% a gennaio 2021 rispetto a dicembre 2020 per quanto riguarda i prodotti alimentari e del 25% nel settore medico. Sicuramente anche la pandemia ha influito sulla bilancia di import/export, ma resta il fatto che la Brexit ne ha giocato un ruolo fondamentale.
Avendo perso l’accesso al mercato unico dell’Ue e alla sua vasta rete di accordi commerciali con paesi terzi, il Regno Unito ha pertanto iniziato a negoziare nuovi accordi commerciali con paesi al di fuori dell’Ue. Finora, ha concluso accordi commerciali con diversi paesi, tra cui Giappone, Canada e Singapore, recentemente anche con la Svizzera. Tuttavia, questi accordi non hanno ancora compensato completamente la perdita di accesso al mercato unico dell’Ue, che rappresenta il principale mercato di esportazione del Regno Unito.
Tra tutti i paesi dell’Ue, la relazione con l’Irlanda è stata quella più fortemente compromessa in questi anni. L’Irlanda è un membro dell’Ue, ha un confine terrestre con il Regno Unito attraverso l’Irlanda del Nord ed è sempre stata uno dei principali partner commerciali del Regno Unito. Prima della Brexit, c’era una forte integrazione economica tra le due parti, ma dopo la Brexit sono stati introdotti controlli doganali sul confine tra l’Irlanda del Nord (che fa parte del Regno Unito) e la Repubblica d’Irlanda (che fa parte dell’Ue), il che ha creato un’incertezza economica significativa per le imprese che operano in entrambe le parti dell’isola.
Tuttavia, ad un paio di settimane dalla firma del Windsor Framework, che regola gli scambi commerciali tra l’Irlanda del Nord e l’Ue e che ha finalmente ricollegato l’Ue e il Regno Unito, si è vista una ripresa delle vendite all’esportazione di alimenti e bevande. La maggior parte delle categorie ha superato i livelli pre-pandemici, raggiungendo la cifra record di 24,8 miliardi di sterline (poco meno di 28 miliardi di euro). Le esportazioni verso l’Europa sono aumentate del 22%, raggiungendo 13,7 miliardi di sterline (oltre 15,4 miliardi di euro), e anche i mercati in via di sviluppo hanno fatto bene, con economie in rapida crescita come il Vietnam che sono quasi raddoppiate. Per la prima volta, le esportazioni verso i mercati extra-Ue hanno superato la barriera dei 10 miliardi di sterline, raggiungendo gli 11,1 miliardi di sterline (oltre 12,5 miliardi di euro).
Ma le conseguenze della Brexit non sono terminate: l’uscita del Regno Unito dall’Unione europea ha introdotto importanti cambiamenti per gli operatori, anche dal punto di vista della marcatura di conformità per i prodotti destinati al mercato inglese. Dal 1° gennaio 2021, è entrata in vigore una nuova tipologia di marcatura denominata Uk Conformity Assessed (Ukca), che attesta che i beni sono stati realizzati rispettando gli standard di sicurezza e di conformità previsti dal Regno Unito. È previsto però un periodo transitorio fino al 31 dicembre 2024 e l’obbligo di utilizzare il marchio Ukca è stato rinviato al 2025, consentendo così alle aziende la scelta tra l’utilizzo del marchio Ukca piuttosto che di quello Ce. Le aziende, quindi, godranno ancora di una rilevante flessibilità in merito al contrassegno da applicare.
In conclusione, si può dire che il commercio internazionale con il Regno Unito è stato radicalmente influenzato dalla Brexit, con conseguenze per le imprese e i consumatori di tutto il mondo. Sono state introdotte nuove barriere commerciali tra il Regno Unito e l’Ue, ma anche nuove opportunità di commercio con paesi al di fuori dell’UE. Ciò nonostante, l’Office for Budget Responsibility (Obr) ha sottolineato che, a seguito della Brexit, gli scambi commerciali del Regno Unito hanno subito un impatto negativo. In particolare, nel lungo termine, sia le importazioni che le esportazioni saranno inferiori di circa il 15% rispetto al numero di operazioni che il Regno Unito avrebbe potuto effettuare se fosse rimasto nell’Unione europea. Questi dati sono confermati anche dall’andamento dell’economia reale, dato che le esportazioni del Regno Unito verso l’Unione europea sono diminuite del 16% alla fine del 2022. Inoltre, secondo le stime del Fondo Monetario Internazionale, nel 2023 il Regno Unito sarà l’unico paese del G7 con una crescita negativa (-0,6%), e tra i paesi del G20 crescerà meno, insieme alla Russia.
Tuttavia, la situazione è ancora in evoluzione e le conseguenze a lungo termine della Brexit sul commercio internazionale rimangono ancora incerte. In questo contesto, occorre notare che i nuovi accordi commerciali sottoscritti dal Governo del Regno Unito con i paesi extraeuropei non hanno portato vantaggi concreti, poiché si limitano a replicare gli accordi di cui il Regno Unito poteva già beneficiare in quanto Stato membro dell’Ue.