A cura dell’Avvocato Marco Bolognini *
Non tutto il male viene per nuocere, verrebbe cinicamente da dire.
Mentre Theresa May si arrabatta per evitare un disastro politico (e sociale, ed economico) di dimensioni epocali, a Madrid qualcuno sogghigna. Facciamo un passo indietro per capire meglio.
Qual è la storia recente della Spagna produttiva?
Non sono lontani i tempi della deindustrializzazione selvaggia, quando il Paese (e la Catalogna su tutte le altre regioni iberiche) osservava sconsolato la dipartita di numerose aziende manifatturiere, che abbandonavano la terra di Cervantes per approdare su lidi più convenienti.
La emorragia del settore industriale, patita peraltro anche in altre zone d’Europa, veniva però ben controbilanciata dall’afflusso di investimenti stranieri, attratti dal boom economico del Paese. Se, da un lato, si perdeva forza industriale nel settore manifatturiero, dall’altro si riceveva fresca linfa vitale in diversi, ulteriori campi.
Ma nel 2008 il cielo si rabbuiò bruscamente. La Spagna del boom era scossa e messa quasi in ginocchio dal terremoto della crisi economica. Le imprese che erano eroicamente riuscite a non chiudere – tout court – i battenti, venivano spesso delocalizzate a favore dell’America Latina, degli Stati Uniti. Ma anche del Regno Unito, soprattutto se operanti nel settore dei servizi finanziari e attività collaterali.
Spagna: a Madrid resilienza ebbe meglio sulla crisi
In uno scenario così grigio e dopo non poche tribolazioni, la resilienza spagnola (tradottasi in riforme strutturali di grande impatto, prima fra tutte quella del mercato del lavoro) ebbe la meglio sulla crisi. Il cielo cominciava a rischiararsi.
Oggi, la Spagna vanta uno dei migliori indici di crescita del PIL di tutta l’Eurozona e rifiorisce l’attività imprenditoriale.
Dunque la Brexit, per quanto doloroso per altre ragioni, diventa subito un’opportunità per il sistema paese, che percepisce la necessità di rivolgersi a chi deve lasciare il Regno Unito per ricollocare il proprio business altrove, ma in un altrove sempre europeo.
La partita è difficile, piuttosto complessa: ci sono giocatori di grande rilievo in campo, e vi sono ambiti in cui è particolarmente arduo superare la Germania, la Francia o l’Olanda. Quali sono le carte che si gioca allora la Spagna, con un certo successo almeno fino ad oggi?
Tre fattori dietro alla rinascita spagnola
Direi che si possono riassumere in tre tronconi principali.
In primo luogo, la Spagna offre un costo della vita e dell’impiego leggermente inferiori al resto dei partners europei comparabili a livello di maturità produttiva e sociale. A ciò va aggiunto che le spese di avvio di un’attività (affitto di uffici, stabilimenti, servizi accessori e commodities, ecc.) sono anch’esse ad oggi calmierate rispetto alla “concorrenza” europea classica.
Un’avventura imprenditoriale in terra iberica, vuoi in settori consolidati (per esempio industriale manifatturiero, farmaceutico, automobilistico), vuoi in settori legati alle nuove tecnologie (biotech, fintech, ecc.), si misurerà innegabilmente con una serie di vantaggi competitivi in quanto a costi rispetto ad altre zone d’Europa.
Inoltre, il livello di formazione ed educativo in generale del personale più qualificato, non è secondo a nessuno nell’Eurozona. Eccellenti ingegneri, programmatori, biotecnologi, mano d’opera specializzata e via dicendo, sono disponibili a condizioni più che ragionevoli e con un mercato del lavoro reso positivamente flessibile dalle riforme post-crisi.
In secondo luogo, la Spagna è una destinazione particolarmente appetibile per i livelli apicali delle aziende già internazionalizzate od in fase di internazionalizzazione. È difatti noto che Madrid e Barcellona godono di ottima fama nel circuito degli expatried, e dunque diventa più agevole trasferire il talento all’estero quando il porto d’arrivo è di suo gradimento.
Spagna hub perfetto per aprirsi al mercato sudamericano e Usa
In ultimo, la Spagna è l’hub perfetto per aprirsi verso il mercato latino-americano e statunitense, sia per ragioni geografiche (la penisola iberica è bagnata dall’Atlantico oltre che dal Mediterraneo), sia per prosaiche ragioni di efficienza fiscale.
I favorevolissimi trattati per evitare le doppie imposizioni che il Paese ha sottoscritto con la pressoché totalità degli Stati centro e sudamericani (oltre che col gigante messicano), giocano un ruolo cruciale nella scelta di localizzazione delle holdings che operano su più aree geografiche e transcontinentali.
Potremmo aggiungere, a corollario di quanto già detto, una serie di fattori ulteriori che rendono la Spagna piuttosto competitiva nell’attrarre investimenti in uscita dal Regno Unito: la stabilità istituzionale, la qualità della vita, l’ampia disponibilità di aree industriali e via dicendo.
Su questi elementi sta puntando la Spagna, e su di essi fa affidamento per continuare ad arricchire il portafoglio di aziende che, da Londra, hanno deciso di rilocalizzarsi sulla penisola iberica.
E ci sono già i primi esempi: l’Admiral Group, colosso assicurativo, ha pensato a Madrid, così come Credit Suisse che ha spostato posti di lavoro nella capitale spagnola.
Come e quanto durerà questo trend, è difficile dire. Ma, per il momento, soffia vento a favore su Madrid e dintorni.
* Studio Maio Legal Madrid