Economia

Brexit: due inglesi su cinque voterebbe per tornare nell’Ue

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A cinque anni dal referendum sulla Brexit e quasi due anni dopo aver lasciato l’Ue, se si potesse tornare a votare, la maggior parte dei britannici tornerebbe sotto Bruxelles. La clamorosa affermazione arriva da un sondaggio condotto da Savanta ComRes, una società di consulenza per ricerche di mercato con sede a Londra su oltre 2mila persone.

Brexit: inglesi pentiti. L’ultimo clamoroso sondaggio

La survey rivela che il Regno Unito voterebbe per rientrare nell’UE secondo una percentuale tra il 53-47% mentre l’82% di coloro che non hanno votato al referendum del 2016 dicono che ora voterebbero per rientrare nell’UE. Il passare del tempo non sembra aver fatto nulla per ridurre le divisioni politiche nella società britannica esposte dalla campagna referendaria e dallo stallo politico successivo e che continuano a dominare la politica del Regno Unito.

La promessa che le relazioni di Londra con l’UE siano state sistemate per sempre dal referendum e dalla vittoria elettorale del partito conservatore di Boris Johnson nel 2019 è smentita anche dal sondaggio che rileva che, nonostante la fatica della Brexit, due adulti britannici su cinque sosterrebbero un referendum sulla possibilità di rientrare nell’UE entro i prossimi cinque anni, con solo un terzo contrario all’idea. Inoltre, la maggioranza a favore dell’adesione all’UE è tra i giovani elettori, con il 77% di essi che voterebbe per rientrare nel blocco. Il 49% degli elettori tra i 18 e i 34 anni vorrebbe un nuovo referendum nei prossimi cinque anni.

“A cinque anni dal referendum sulla Brexit, questo sondaggio suggerisce un paese che è ugualmente diviso, ma con lo slancio verso una maggioranza che ora voterebbe per rientrare nell’UE”, ha detto Chris Hopkins, direttore della ricerca politica di Savanta ComRes.

“E mentre molti pensano che la questione sia meglio metterla a tacere, chi sostiene maggiormente un ritorno nel blocco sono gli elettori più giovani, così come la percentuale significativa di coloro che sosterrebbero un referendum in tal senso il che indica che la storia della Brexit non sta andando via molto presto”.

Accordi Ue-Uk ancora in stallo

L‘accordo commerciale e di cooperazione post-Brexit, entrato in vigore a gennaio, era stato indicato da Johnson e dai suoi ministri come la fine del processo di uscita di Londra dall’Ue.  Ma i ritardi e i problemi della catena di approvvigionamento in una serie di settori, e le carenze di manodopera, esasperate dall’uscita del Regno Unito dall’UE, hanno portato a scaffali vuoti e carenze di prodotti nei negozi e nei supermercati britannici. A tutto ciò si aggiungono le dispute con la Francia sulle licenze per i pescherecci francesi, e con la Commissione europea sull’attuazione del protocollo dell’Irlanda del Nord.

Il Regno Unito ha ufficialmente lasciato l’UE nel gennaio 2020 e da allora sono entrati in vigore una serie di nuovi accordi commerciali. Tuttavia, gli accordi sembrano ora essere minacciati in quanto il Regno Unito si lamenta delle difficoltà nell’attuazione dei controlli richiesti sulle merci che si spostano dalla Gran Bretagna all’Irlanda del Nord. La natura di questo confine dopo la Brexit è stato un importante punto critico nei negoziati tra il governo britannico e l’Unione europea.

La Gran Bretagna comprende Inghilterra, Scozia e Galles, ma non l’Irlanda del Nord; l’Irlanda del Nord fa invece parte del Regno Unito. La Commissione europea, il braccio esecutivo dell’UE, ha proposto il mese scorso di adattare alcune parti dell’accordo commerciale nel tentativo di rendere più facile lo svolgimento di questi controlli. Ma i funzionari dell’UE si sono lamentati del fatto che il governo del primo ministro britannico Boris Johnson non stia mostrano la volontà di negoziare. Da qui uno stallo che potrebbe trascinarsi per diversi mesi tanto che sia i funzionari del Regno Unito che dell’UE ammettono che le relazioni rimarranno difficili anche per il prossimo futuro.