Sul fronte della Brexit, i mercati si sono ormai abituati a delle novità con cadenza giornaliera. La premier britannica Theresa May, assediata dall’ira dei Brexiteers, ha scritto una lettera alla presidenza del Consiglio europeo, chiedendo un’estensione breve dell’Articolo 50, fino al prossimo 30 giugno, e non più lunga, come vorrebbe Bruxelles.
Il rinvio, ha precisato May, potrebbe essere più breve nel caso in cui il Parlamento votasse il suo accordo. Gli irriducibili della Brexit “dura” potrebbero finire per accettare di votare il deal che la premier ha siglato lo scorso novembre con l’Unione europea. Questo per evitare lo scenario di una Brexit “soft” restando nell’unione doganale.
È il piano a cui starebbero lavorando in queste ore May e il leader dell’Opposizione Jeremy Corbyn (Labour). Stando a quanto riferito da Downing Street, gli ultimi colloqui sono stati “produttivi”. Tuttavia, ancora non c’è stato nessun annuncio di un compromesso raggiunto fra i due team negoziali di conservatori, da una parte, e progressisti dall’altra.
In ogni caso, secondo quanto risulta ai media britannici, Westminster pare ancora lontana dal dare semaforo verde all’accordo come vorrebbe May. Oggi la Bbc ha riportato alcune indiscrezioni secondo cui Donald Tusk, presidente del Consiglio Europeo, starebbe valutando l’opzione di concedere al Regno Unito un’estensione dell’Articolo 50 “flessibile” di 12 mesi. L’Ue si è detta infatti finora contraria a una nuova proroga breve.
I rischi e benefici di una Brexit per le aziende
Al convegno organizzato da ANRA, l’associazione nazionale dei Risk Manager, una serie di esperti internazionali di alto profilo ha fatto il punto della situazione, analizzando l’impatto per le aziende italiane della Brexit.
“Brexit: rischi e opportunità del divorzio del secolo” è il titolo dell’appuntamento tenutosi all’Auditorium Gaber del Grattacielo Pirelli, dove prestigiosi analisti internazionali del mondo imprenditoriale, economico, politico e assicurativo hanno confrontato analisi e valutazioni sul sempre più complesso scenario attuale. Obiettivo: fare chiarezza sui possibili sviluppi di questa delicatissima fase. E fornire alle aziende strumenti e consigli per affrontarlo al meglio.
“Il mercato del Regno Unito vale per l’Italia oltre 23,5 miliardi di euro in esportazioni [1], troppi per permettersi di lasciare una decisione anche solo parzialmente al caso. Diventa fondamentale per le aziende italiane, dunque, un accurato lavoro di risk assessment, che dia loro tutti gli strumenti necessari per muoversi in questo terreno insidioso”, commenta Alessandro De Felice, presidente ANRA.
Decreto Brexit per aiutare la finanza
Sul fronte italiano, per cercare di contenere l’inevitabile impatto di un No Deal, è stato da poco approvato il decreto Brexit, che prevede la possibilità per banche, assicurazioni e intermediari finanziari britannici di continuare a lavorare in Italia anche dopo un’eventuale Brexit senza accordo, ricreando in sostanza quello scenario di “uscita morbida” delineato inizialmente da Bruxelles, allo scopo di garantire una certa stabilità e integrità del sistema finanziario.
All’incontro sono intervenuti personaggi di spicco come Ken O’Flaherty, Vice Capo Missione dell’Ambasciata Britannica in Italia, che ha evidenziato fra gli aspetti più critici da considerare, come il Regno Unito abbia per l’Italia un ruolo fondamentale nell’accesso ai mercati globali dei capitali, nonché la necessità di mitigare i rischi anche per quanto riguarda la gestione dei dati personali.
John Ludlow, Chief Executive Officer AIRMIC (Associazione britannica dei risk e insurance manager) si è soffermato in particolare sull’impatto che un’uscita disordinata avrebbe su molte aziende nel Regno Unito, impattando sulla valuta, sulla libera circolazione delle merci, attraverso l’introduzione di dazi e il rischio di incorrere in un eccessivo protezionismo, e in particolare sulla supply chain, forse l’aspetto più critico che avrà un effetto pesante soprattutto per quelle imprese e quei settori con una filiera lunga. Il ruolo de Risk manager nel preparare le aziende ad affrontare questo scenario è dunque fondamentale.
Concorde anche Andrea Goldstein, Responsabile per le economie emergenti – Divisione degli Investimenti Internazionali OCSE, che ha ripercorso la storia delle relazioni tra il Regno Unito e l’Unione Europea, sottolineando poi come il single market abbia portato molti benefici a UK, sostenendo la crescita economica degli ultimi anni.
Gli effetti della Brexit sulle aziende
Ha inoltre analizzato gli effetti di Brexit già visibili o prevedibili sulle imprese con un approfondimento su uno dei settori già più colpiti, quello dell’automotive. Mark Lowe, Risk Advisor e Membro Advisory Board Pyramid Temi Group, ha sottolineato il generale malcontento delle aziende per la situazione, di cui è impossibile calcolare quale sarà il costo finale e come, a causa della totale incertezza negli scenari futuri in termini di risk analysis, Brexit sia una sfida di creatività e pazienza e un esercizio per testare le capacità di pianificare l’ignoto.
A seguire è intervenuta Ayleen Frete, Regional Practice Leader London Allianz Multinational, che ha approfondito la prospettiva di un operatore assicurativo globale, spiegando come dovendo il settore assicurativo sottostare a molteplici regolamentazioni e rispondere a diverse authority sia stato fondamentale muoversi in fretta nell’interfacciarsi con tutti questi attori, prefigurando il peggiore scenario possibile per assicurarsi di poter operare anche in caso di hard brexit.
In chiusura Barnaby Hinnigan, Partner Herbert Smith Freehills, affrontando gli aspetti legali e regolatori, ha sottolineato come sia importante ridurre al minimo l’impatto sui clienti dell’Area Economica Europea, anche attraverso l’inserimento di clausole Brexit nelle polizze, e lavorare per mantenere il più a lungo possibile il modello attuale, in modo da predisporre soluzioni e risorse per prepararsi a quello che sarà il nuovo scenario normativo.
[1] Dati 2018, Elaborazioni Ambasciata d’Italia su dati Agenzia ICE di fonte ISTAT.