Dopo che l’Ue ha concesso sei mesi di proroga, la soluzione più probabile per mettere fine alla trattativa sulla Brexit pare che sarà l’unione doganale. È la stessa premier inglese Theresa May che lo lascia intendere.
Parlando a Westminster davanti all’aula che ha bocciato per ben tre volte il suo piano di uscita dall’area UE (withdrawal agreement) la leader dei conservatori ha detto che sta cercando di ottenere l’approvazione di un nuovo deal in modo da evitare di rimanere in Ue fino a fine ottobre e dover partecipare alle elezioni europee.
May ha fatto un cenno alla possibilità di stringere un compromesso con l’Opposizione. I Tories stanno lavorando insieme al Partito dei Labouristi guidato da Jeremy Corbyn per definire un progetto di unione doganale, più in stile Turchia che Norvegia.
Unione doganale, compromesso che accontenterebbe tutti
La premier ha detto che non c’è una grande differenza di veduta tra il suo governo e il centro sinistra sulla proposta da avanzare al blocco a 27 circa i futuri rapporti commerciali tra le due aeree. I suoi commenti sono un indice del fatto che un accordo sull’unione doganale potrebbe essere la chiave per trovare una via d’uscita dall’impasse, cambiato l’atteggiamento nei confronti della Brexit.
Il piano di May è stato più volte respinto dai suoi stessi alleati di governo, i conservatori irriducibili della Brexit dura da una parte (European Research Group) e gli unionisti nordirlandesi del DUP dall’altra. I due schieramenti vedono di cattivo occhio soprattutto il backstop, la rete di protezione per scongiurare un confine “fisico” tra le due irlande nella quale temono che il Regno Unito possa rimanere intrappolato.
La deadline per il divorzio di Londra da Bruxelles è stata spostata per la seconda volta, al 31 ottobre, il giorno di Halloween. Dettaglio che non è sfuggito a commentatori e utenti dei social media, generando non pochi scherzi sulla metafora della Brexit come una “horror story”.
La data è stata scelta di proposito, perché il primo novembre si elegge il presidente della Commissione Europea, con il partito vincitore dello scrutinio per decidere i membri dell’Europarlamento che dovrebbe incaricarsi della designazione.