La rotta della nave britannica resta tracciata verso la destinazione più volte ribadita dal premier Boris Johnson: l’uscita del Paese dall’Unione Europea, con o senza accordo, alle ore 23 del 31 ottobre 2019.
Buona parte del parlamento, però, è pronto a sfidare con ogni mezzo una Brexit ritenuta dannosa economicamente e che potrebbe inasprire le tensioni al confine irlandese.
L’ultima clamorosa sconfitta per Johnson è stata la sentenza della Corte suprema, che ha invalidato la controversa sospensione del parlamento dichiarandola illegittima.
La Camera dei Comuni è quindi nel pieno delle sue funzioni e ha già espresso una volontà forte approvando, a inizio settembre, una legge che impone al primo ministro di richiedere all’Ue il prolungamento dei tempi sulla Brexit, nel tentativo di scongiurare lo scenario di un’uscita senza accordo il prossimo 31 ottobre.
Boris Johnson ha dichiarato che non richiederà mai l’estensione dei tempi, invitando la Camera a sfiduciare il suo esecutivo. Il gabinetto del premier ha dichiarato che la legge “anti No Deal” verrà rispettata, anche non mancano ipotesi su possibili scappatoie: ad esempio seguire il mandato dei parlamentari solo formalmente, richiedendo il prolungamento all’Ue con l’accordo informale di farselo respingere. In ogni caso, lo scenario No-deal non potrebbe essere escluso anche perché i Paesi Ue potrebbero decidere autonomamente di non votare la concessione di ulteriore tempo (serve un voto unanime).
Per provare a garantirsi un maggior supporto parlamentare, Johnson ha già ripetutamente cercato la maggioranza di 2/3 necessaria a indire elezioni anticipate. Finora, però, ha fallito nel suo proposito per il mancato supporto dei laburisti all’iniziativa.
Nel frattempo il governo afferma di essere ancora impegnato nei negoziati con l’Europa, con l’obiettivo di portare a casa un accordo più soddisfacente per il Regno Unito. L’esecutivo britannico vorrebbe rimuovere il backstop, l’accordo che consentirebbe di non reintrodurre controlli di frontiera fra l’Irlanda del Nord e la Repubblica d’Irlanda. La presenza di questo dispositivo, tuttavia ridurrebbe lo spazio di manovra del Regno Unito post-Brexit: molto difficilmente il backstop potrebbe essere compatibile con un accordo legale che consenta una politica commerciale autonoma.
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