Economia

Juncker: “Non ci saranno altri rinvii”, l’esito di Brexit è in mano a Westminster

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“Abbiamo concluso un accordo. Quindi non c’è ragione di ritardare i tempi. Deve essere fatto ora”, così il presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker in un incontro con la stampa successivo all’annuncio dell’accordo con Downing Street, “se abbiamo un accordo, abbiamo un accordo e non è necessario prolungarlo. Questa non è solo l’opinione britannica; è anche la mia opinione”.
Ora la parola tornerà al parlamento britannico, che non avrà possibilità di sperare in nuove trattative in futuro. La linea è chiara: o passa l’accordo sulla Brexit, o si va dritti verso lo scenario No Deal.

“Per far sì che il Parlamento britannico approvi l’accordo, il Primo Ministro avrà bisogno del supporto dei Brexiteers più falchi (European Research Group), dei 21 Tory “ribelli” espulsi dal partito e di circa 17 Labour, assumendo [come ufficialmente annunciato, Ndr.] che il Partito unionista democratico voti contro l’accordo”, ha commentato Keith Wade, capo economista e strategist di Schroders, “tuttavia, nel caso in cui il voto passerà, ci muoveremo verso un periodo di transizione fino alla fine del 2020, durante il quale il Regno Unito e l’Ue inizieranno a elaborare un accordo commerciale”.

 

La possibilità di un accordo sulla Brexit a Westminster “sarebbe una notizia costruttiva anche per il rating” ha dichiarato a Reuters l’analista sul debito sovrano europeo di S&P, Frank Gill, anche se “alla fine il rating dipenderà da come andrà l’economia… Anche con un accordo restano enormi questioni: ad esempio l’accesso delle istituzioni finanziarie britanniche al mercato unico Ue”.

 

“C’è ancora un certo grado di incertezza riguardo al futuro delle relazioni tra Regno Unito e Ue, tuttavia sembra sempre più probabile che il pericolo di un’uscita senza accordo verrà evitato”, ha proseguito Wade in una nota, “al venir meno di questo rischio di coda, ci si può aspettare che la sterlina continuerà il rally e che i rendimenti sui Gilt aumenteranno, dato che gli investitori si aspetteranno una situazione economica migliore e una politica monetaria più decisa”.

 

“Se viene raggiunto un accordo, crediamo che la sterlina potrebbe aumentare ulteriormente da 1,29 dollari a circa 1,35”, ha detto Paul Dales di Capital Economics in una nota ai clienti, “una riduzione dell’incertezza comporterebbe un graduale rimbalzo degli investimenti delle imprese aumentando la crescita del Pil dall’1,3% quest’anno a circa l’1,5% e a circa il 2,2% nel 2020”.