Il premier inglese Boris Johnson ha deciso di chiudere il parlamento inglese fino al 14 ottobre, traghettando così il paese verso un’uscita dall’Unione Europea il prossimo 31 ottobre anche senza un accordo (no-deal), lo scenario peggiore. Ma cosa significa per l’Ue una Brexit senza accordo?
No-deal Brexit: le conseguenze per l’Ue
Con l’uscita dal mercato comune europeo senza accordo, i rapporti commerciali tra Londra e i Paesi membri tornerebbero ad essere regolati dal WTO. La circolazione delle merci tra UK e l’UE verrà, dunque, considerata commercio con un Paese terzo. Di conseguenza, dal giorno dell’uscita si dovranno stabilire lo status doganale delle merci che entrano, escono o transitano attraverso il territorio doganale e fiscale dell’Unione e del Regno Unito, e le disposizioni giuridiche applicabili oltre al trattamento adeguato in relazione all’IVA e alle accise.
In caso di uscita senza accordo quindi le merci provenienti dal Regno Unito o ivi dirette saranno trattate come importazioni da un “paese terzo” o esportazioni verso di esso. Questo significa che dovranno essere adempiute formalità ed effettuati controlli doganali all’importazione e all’esportazione: all’importazione saranno riscossi i dazi doganali, l’IVA e le accise, mentre le esportazioni verso il Regno Unito saranno esenti da IVA. Per l’Unione europea – e quindi anche l’Italia – l’uscita senza accordo significa dazi dal 4,6% per i prodotti chimici fino al 35% per i latticini. Una conseguenza di questa situazione sarà la anche formazione di enormi ingorghi di autoveicoli al Canale della Manica, dove sono situati i principali porti tramite i quali si svolgono gli scambi di merci tra Unione e Regno Unito.
Inoltre molte imprese multinazionali si appoggiano alla piazza di Londra per la gestione dei servizi finanziari, vi è quindi la possibilità che ci possano essere aumenti del costo del credito per le imprese.