Mondo scioccato, mercati azionari in balia delle vendite (almeno all’inizio). La vittoria di Donald Trump alle elezioni presidenziali Usa genera reazioni inizialmente isteriche, che si vanno poi smussando.
D’altronde, lo stesso atteggiamento -stranamente pacato- che il 45esimo neo presidente degli Stati Uniti tiene dopo la notizia della sua vittoria, richiama alla mente un altro politico, che ha esultato dopo la vittoria del suo fronte, ma con toni decisamente più smorzati rispetto a quelli usati nellacampagna, in quel caso, referendaria: si tratta dell’ex sindaco di Londra e sostenitore della Brexit, ora ministro degli Esteri UK, Boris Johnson: lo stesso che aveva fatto un parallelismo tra l’Unione europea e Hitler. E che ora insiste sulla storia che lega comunque il Regno Unito all’Europa.
Viene da chiedersi: il voto alle elezioni Usa è stato a favore di Donald Trump o piuttosto contro Hillary Clinton e i suoi legami con Goldman Sachs e le odiate lobby? Così come anche: il voto a favore della Brexit è stato un voto “per, a favore di qualcosa”, o piuttosto un voto contro, precisamente contro le istituzioni di Bruxelles, contro quello che l’uomo della strada, il cittadino medio del mondo, chiama il potere?
Attacco al potere e attacco al mondo della finanza: a trionfare, più che il singolo, è il populismo.
E il prossimo appuntamento che siglerà la vittoria del populismo riguarderà gli italiani, che si recheranno al voto il 4 dicembre per dire “SI” o “No” al referendum costituzionale promosso da Matteo Renzi. Che poi i vari Trump, Salvini, M5S, Le Pen, riescano davvero a concretizzare i loro programmi, lo dirà la storia.
Le aspettative che parte del popolo ha su di loro sono sicuramente enormi. Così come enorme è la personalizzazione di diverse campagne elettorali. Si vota per o contro la persona; si vota per Renzi o contro Renzi.
Ma si vota soprattutto contro. E a farlo notare è il saggista Nassim Taleb, autore del del bestseller ‘The Black Swan: The Impact of the Highly Improbable‘, in cui l’autore spiega che è impossibile prevedere gli eventi catastrofici (i cosiddetti cigni neri) – . Tra l’altro lo stesso Taleb, nei giorni scorsi, aveva affermato che non ci sarebbe stato nulla di apocalittico in una vittoria di Trump alle elezioni Usa.
Ora che Trump ha vinto, un estratto del libro “Skin In The Game” viene ripreso da diversi social network, per spiegare quanto sta accadendo in Usa in particolare, e nel mondo, in generale.
Nell’articolo, Taleb dà degli idioti ai cosiddetti intellettuali. Così nel suo articolo “The Intellectual Yet Idiot”:
Taleb ritiene che quello che si sta verificando “in tutto il mondo, dall’India al Regno Unito agli Stati Uniti, è la ribellione” contro un circolo ben preciso, che lui identifica nella “classe paternalistica degli esperti semi-intelletuali del calibro dell’Ivy League, di Oxford-Cambridge, o istituzioni di tipo simile, che ci dicono 1) cosa fare 2) cosa mangiare; 3) come parlare; 4) come pensare…e 5) chi votare.
Il riferimento è all'”intellighenzia”, che secondo l’economista è sempre più lontana dalla realtà: una realtà in cui la gente sta iniziando a snobbare “i consigli dietetici dopo 30 anni di fobia contro il grasso, una realtà dove l’analisi macroeconomica vale meno dell’astrologia”, dove, in definitiva, “la gente si sente perfettamente autorizzata a fidarsi del proprio istinto ancenstrale e ad ascoltare le proprie nonne, piuttosto che questi scagnozzi” che tengono le redini della politica. L’idiota intellettuale, a cui Taleb fa riferimento con l’acronimo IYI ha inoltre sbagliato su tutto.
“L’Intellectual Yet Idiot ha sbagliato, e la storia lo conferma, sullo stalinismo, sul maoismo, sugli OMG, sull’Iraq, sulla Libia, sulla Siria, sulla pianificazione urbana, sulle diete a basso contenuto di carboidrati, sugli attrezzi da palestra, sui grassi trans, su Freud” e tanto altro ancora. Nonostante questo, è convinto di avere ragione.
Secondo il pensiero di Taleb la vittoria di Trump, il concretizzarsi della Brexit non sono altro, dunque, che il risultato dei diktat imposti dall’intellighenzia, da questi intellettuali che l’autore definisce idioti, e a cui è anche costretto in un Post Scriptum a chiarire, anche, che esiste una differenza tra un significato satirico e uno letterale (qualcuno si sarà offeso per l’aggettivo ‘idiota’)
Fatto sta che, grazie alla forte avversione nei confronti di questo potere, di queste classi dirigenti, i movimenti incentrati sul populismo sembrano avere la strada spianata per la vittoria: Trump ha vinto e la Brexit è realtà.
Et les perdants sonthttps://t.co/1tpDc3cVY8 https://t.co/Mmy2eMJb0D
— CARTOPOL (@ACROPOLITESSE) November 9, 2016
In Italia intanto Matteo Salvini e il fronte del No al referendum si strofinano già le mani. Il leader della Lega esulta su Facebook e su Twitter lancia l’hashtag “#oratoccaanoi! Sabato #tuttiafirenze #iovotono”.
Alessandro Pagano, deputato della Lega dei popoli-Noi con Salvini, va oltre:
“La dittatura della tecno-finanza è stata battuta. Ha vinto Trump, con una percentuale di votanti incredibile. Ha vinto il popolo libero che ha capito tutto, che quando ha la possibilità di esprimersi democraticamente sceglie la propria identità, i propri valori. Un popolo che oggi dagli Stati Uniti ha voluto lanciare un messaggio forte e chiaro a difesa della famiglia, contro la teoria di gender e la colonizzazione ideologica, contro le lobby Lgbt ma non contro gli omosessuali. Un messaggio contro le lobby della finanza e guerrafondaie che stanno alle spalle dei Clinton e di Obama, il presidente più fallimentare della storia statunitense. Un messaggio contro l’invasione dei clandestini e la sostituzione dei popoli”.
E i suoi colleghi populisti, in altri paesi europei, non sono da meno. Così Florian Philippot, stratega della politica della leader di Front National in Francia, Marie Le Pen, twitta.
“Il loro mondo sta collassando. Il nostro sta per essere costruito”.
Leur monde s’effondre. Le nôtre se construit. #PlaceAuxPeuplespic.twitter.com/zpRlXqZnlC
— Florian Philippot (@f_philippot) November 9, 2016
Nell’affrontare la questione del populismo, appare di grande attualità una frase scritta da Ian Kershaw nel suo libro “Hitler e l’enigma del consenso”: la NSDAP, spiega Kershaw, si era fatta riconoscere come “partito piglia-tutto di protesta”, già prima del 1933.
“La NSDAP (movimento nazionalsocialista) era riuscita a unificare superficialmente componenti molto disparate della società tedesca, mescolando alla propaganda dell’odio l’evocazione di una rinascita della Germania incentrata sulla creazione di una “comunità popolare”. Hitler riusciì a farsi portatore di “un anticapitalismo populista che denunciava lo sfruttamento dei “piccoli” per mano del grande capitale ma che, al contrario dell’anticapitalismo di sinistra, tendeva a santificare piuttosto che a insidiare la proprietà privata (..) “. Ancora, Kershaw fa notare come il movimento rappresentasse anche”sentimenti che spingevano a mettere in discussione la legittimità dei privilegi sociali derivanti dalla nascita o dal denaro“.