Con una vittoria di misura del 52% al termine di un Referendum popolare del giugno 2016, il Regno Unito decise per la Brexit, cioè l’uscita della Gran Bretagna dall’Unione europea.
Alla contrarietà degli scozzesi ovvero alla iniziale e sostanziale incertezza dell’operazione nel suo complesso, oggi si aggiungono ulteriori malumori delle gente comune, che comincia a meglio comprendere gli effetti della eventuale uscita dall’Europa in termini economici.
Se prima sembrava decisamente un fatto ideologico, promosso e perseguito dal Masaniello d’oltre Manica, al secolo Nigel Paul Farage e dall’ex sindaco di Londra, al secolo Boris Johnson, se si rivotasse oggi la storia sarebbe decisamente diversa.
Il nostro ambasciatore nel Regno Unito – Pasquale Terracciano – in una recente intervista ad un importante giornale inglese ha sussurrato l’ipotesi di un ripensamento annullando gli effetti dell’uscita, si torna indietro ammettendo l’errore.
Che sia stato un errore per le tante multinazionali, non solo dell’alta finanza che sono oggi alla ricerca di una nuova sede, è ormai un fatto acclarato e questo non potrà che produrre effetti negativi sul piano economico ed occupazionale oltre sull’appeal della capitale londinese da parte degli investitori esteri.
Tornare indietro, significherà in primo luogo sconfessare la politica secessionista perseguita da Farage, o meglio la politica demagogica e populista, assolutamente priva di alcuna progettualità politica e di governo di lungo respiro, di cui l’Italia conosce bene i protagonisti a cominciare dal Movimento 5 Stelle.
Insomma, se il progetto dell’uscita dovesse fallire e in Europa sono tanti ad auspicarlo, tanto le grandi imprese che le stesse Istituzioni, l’Unione Europea ne uscirebbe rafforzata nella misura in cui riuscirà a proporre ed attuare una politica economica e monetaria in grado di migliorare le condizioni della gente comune, riducendo le diseguaglianze e gestendo meglio il grande fenomeno della “immigrazione” e della “sicurezza”.
L’Europa, dopo le grandi guerre del secolo scorso, è stata fondata su valori e progetti condivisi che certamente non possono e non devono essere messi in discussione dal primo “Quisque de populo” che capita.
A questo punto, con i negoziati in corso cominciamo ad immaginare una Brexit al contrario.
Con la promessa di fare di più e meglio, ne saremo tutti più felici.
Sbagliare è umano, soprattutto quando si deve decidere la sorte di un Paese (Referendum costituzionale 4 dicembre 2016 docet).