Roma – La pubblicita’ che e’ stata fatta ha funzionato. L’iniziativa dell’Abi per promuovere l’acquisto di titoli di stato “per salvare il paese” ha riscontrato una risposta positiva. Sono stati 80.962 i contratti sottoscritti per un valore complessivo di 2,6 miliardi di euro. La somma e’ tuttavia pari a a un mero 0,15% del debito pubblico italiano, un 67esimo del totale. Va ricordato che Intesa da sola ne da’ alle aziende 500 miliardi e che le famiglie detenevano gia’ un’ingente quantita’ di debito. L’impressione e’ che a guadagnarci siano state le banche.
Il Btp-Day, che prevedeva la possibilita’ di sottoscrivere contratti senza dover pagare alcuna spesa di negoziazione, e’ andato oltre le piu’ rosee aspettative. Sono stati in tanti fra i piccoli investitori a scegliere proprio la giornata di ieri per acquistare Bot e Btp, in proporzione moltissimi guardando al numero di prenotazioni che erano arrivate nei giorni scorsi nell’ambito di questa iniziativa. Unicredit ha annunciato di aver registrato il doppio dei volumi giornalieri sul secondario.
Sul Mot, il Mercato dei Titoli di Stato, sono stati registrati 86.681 contratti e un controvalore pari a oltre 2,7 mld. Di questi, 80.962 contratti e 2,5 miliardi erano sui titoli di stato italiani. Le media del mese di novembre 2011 si era attestata a quota 39.500 contratti giornalieri, un aumento del 100%.
Il titolo più scambiato e’ stato il Bot con scadenza 31 maggio 2012 (247 milioni di euro di controvalore) seguito da Btp agosto 2013 con 137 milioni. D’altra parte i rendimenti, complice l’instabilita’ finanziaria, sono molto vantaggiosi.
“Stiamo ricevendo molti ordini piccoli – 2.000, 10.000, 20.000 euro. La risposta da parte dei cittadini e’ stata buona, sembra un po’ un referendum”, ha detto a Reuters Gianbattista Roversi il capo di Hi-Mtf, piattaforma di trading a debito fisso per il pubblico retail, ovvero individui e famiglie che assumono le proprie decisioni, anziche’ acquistare asset finanziari per conto di terzi.
Sebbene la mole di acquisti dimostra come non sia cosi’ elevato il timore di un default in tempi brevi per il nostro paese, va sottolineato che la possibilita’ di ricorrere a una ristrutturazione del debito italiano sta crescendo.
Ieri, giornata contrassegnata dall’avvertimento dell’agenzia di rating Moody’s in questo senso, i tassi sul decennale si trovavano al 7,11%, sopra la soglia del 7% considerata dagli analisti come “punto di non ritorno”. E’ stato il superamento di questi livelli a rendere talmente critica la situazione in Grecia, Portogallo e Irlanda da obbligarle a chiedere aiuti alle autorita’ europee. Il problema e’ che non ci sono abbastanza soldi per salvare l’Italia.
La quantita’ di titoli di stato detenuto dalle famiglie e’ oggi ferma al 13% dell’intero debito pubblico italiano. Fino a pochi anni fa la percentuale sfiorava il 100%. Le ultime stime sul risparmio degli italiani parlano di 550 miliardi e 596 milioni di euro in depositi bancari.
I bond governativi e quelli di breve durata ammontano a circa 1.582,7 miliardi di euro alla fine di giugno, secondo i dati del Tesoro. La loro scadenza media è di 7,09 anni. Il debito pubblico complessivo alla fine di aprile era di circa 1.890 miliardi di euro, secondo i dati della Banca d’Italia.
Circa il 47% del debito italiano 2010 e’ detenuto da investitori esteri, secondo le stime di aprile del Fondo Monetario Internazionale. Le banche italiane detengono invece una impressionante somma di circa 192 miliardi di euro di titoli governativi, secondo i dati relativi alla fine di maggio pubblicati dalla Banca d’Italia.
Gli analisti di JPMorgan stimano che le banche hanno circa il 6,33% dei loro asset investiti nei titoli di stato italiani, un numero superiore al 5% di bond spagnoli detenuti dalle controparti spagnole. Valore secondo solo al 10% in Grecia.