Qualora le banche centrali incominciassero a emettere le loro proprie criptovalute, si presenterebbero dei seri rischi per la stabilità finanziaria, una corsa agli sportelli dalle banche tradizionali alle monete digitali. L’avvertimento viene da Jens Weidmann, presidente della Bundesbank, secondo cui la “tradizionale corsa agli sportelli” vista nel 2007 presso le filiali di Northern Rock avrebbe avuto un impatto negativo persino maggiore sul sistema finanziario se fossero state coinvolte anche le criptovalute.
Se le banche centrali emettessero monete digitali, la principale minaccia in termini di stabilità finanziaria sarebbe rappresentata dalla possibilità di una “corsa agli sportelli digitale“, secondo quanto riferito durante una conferenza a Francoforte da Weidmann, il favorito per prendere il posto di Mario Draghi al timone della Bce.
“Certamente il mondo analogico è stato già più volte testimone di corse agli sportelli”: l’immagine di lunghe code venutesi a formare davanti alle filiali della banca inglese Northern Rock all’apice della crisi dei mutui subprime undici anni fa sono ancora impresse nella memoria di tutti.
“Ma una corsa agli sportelli digitale sarebbe diversa” e di portata potenzialmente maggiore, avverte il capo della banca centrale tedesca, il quale spiega che “in una corsa agli sportelli classica i clienti devono trovare un modo alternativo per mettere al sicuro i propri risparmi che prelevano in banca e questo comporta altri rischi e costi”.
“In una corsa agli sportelli digitale, invece, bastano alcuni clic del mouse per trasferire i risparmi di una vita dal sistema finanziario privato a un conto della banca centrale. I clienti non ci penserebbero due volte prima di farlo. Si può concludere che, se un’opzione del genere fosse stata disponibile allora, non sarebbero stati solo i clienti di Northern Rock a spostare in massa i loro soldi, ma anche quelli di altre banche britanniche”.
L’analista del settore bancario dello studio legale Pinsent Masons, Tony Anderson, non è dello stesso parere, tuttavia, ritenendo invece che la possibilità di avere una criptovaluta emessa dalle banche centrali come alternativa al cash non esacerberebbe la corsa agli sportelli presso le tradizionali banche commerciali. Non cambierebbe nulla, in quanto “sarebbe come estrarre fondi in denaro contante dalla banca in questione”.
Secondo Anderson una moneta virtuale emessa dalla banca centrale è per definizione legata al valore intrinseco della divisa del paese. Sarebbe quindi sottoposta alla bassa volatilità della divisa nazionale di riferimento e non si può dunque paragonare a quanto può accadere con Bitcoin e simili, spiega l’esperto.
Anche se i governi spesso, come nel caso dell’Italia, offrono una garanzia sui depositi (da noi il Fondo interbancario di tutela offre una copertura fino a 100 mila euro mentre nel Regno Unito arriva fino a 85 mila sterline, come previsto dallo schema dei compensi dei servizi finanziari), “non ci sarebbe un particolare incentivo per i correntisti a trasferire i risparmi presso le banche centrali nella forma di criptovalute”.
Anche “logisticamente, appare remota la possibilità che un governo sia disposto a custodire il denaro dei cittadini in una moneta digitale emessa dalla banca centrale” del paese. Con i tassi di interesse ancora fermi a zero o addirittura negativi in diversi paesi, sembra anche ben poco conveniente per i correntisti preferire le banche centrali rispetto a banche commerciali dotate di una certa solidità patrimoniale e finanziaria”.