Oggi Bitcoin compie 15 anni. Era infatti il 3 gennaio 2009 quando il blocco genesi (o blocco zero) di Bitcoin veniva estratto, nell’arco di sette giorni, da Satoshi Nakamoto, lo pseudonimo dell’entità (una persona o un gruppo di persone la cui identità è tuttora ignota) che nel 2008 inventò un “sistema di moneta elettronica peer-to-peer”, ossia un’infrastruttura finanziaria globale basata sulla crittografia e non più sulla fiducia, pubblicando il 31 ottobre di quell’anno il white paper “Bitcoin: a peer- to-peer electronic cash system”, un documento di poche pagine in cui annunciava al mondo il funzionamento del protocollo Bitcoin. Protocollo che, ricordiamo, è open-source ed è dunque a disposizione di tutti per la proposta di eventuali modifiche.
In quella transazione iniziale, definita anche transazione genesi o “coinbase”, Satoshi riportava il celebre messaggio: “The Times 03/Jan/2009 Chancellor on brink of second bailout for banks” cioè “The Times 03/Gen/2009, Il cancelliere sull’orlo del secondo salvataggio delle banche”. Questa frase, titolo di un articolo del Times di Londra, datato 3 gennaio 2009, che faceva riferimento proprio al salvataggio delle banche voluto dal governo britannico, era un chiaro segnale delle intenzioni che aveva il progetto Bitcoin. Mentre il mondo stava vivendo la più grande crisi finanziaria dai tempi della Grande Depressione, nacque una nuova visione per un sistema monetario neutro, separato dallo Stato, che potesse decentralizzare (aka contrastare) il potere enorme delle banche e degli intermediari in generale, restituendolo agli utilizzatori finali: le persone.
Il white paper lo descriveva proprio così: un sistema monetario in cui le transazioni sono validate non da autorità centrali bensì “tra pari”, nodi di una rete che in cambio della potenza di calcolo ricevono nuovi Bitcoin, per poi essere registrate su un archivio distribuito e immutabile chiamato “catena di blocchi”, Blockchain.
Il 12 gennaio 2009, nel blocco 170, avvenne la prima transazione di Bitcoin dopo la genesi, tra Satoshi e il noto crittografo Hal Finney. Finney è stato anche il primo a minare Bitcoin insieme a Satoshi dopo il lancio della rete.
I primi 180 mesi della regina, per anzianità e popolarità, delle criptovalute sono un’occasione per ripercorrere la sua storia e svilupparne un’analisi che abbia un occhio proiettato al futuro, anche se proprio la volatilità tipica di Bitcoin è esempio concreto di aleatorietà dei mercati finanziari e dell’imprevedibilità del loro avvenire. Si pensi ad esempio che, nel 2010, si poteva acquistare un intero token Bitcoin per circa 0,08 euro, mentre oggi il suo valore è intorno ai 42.000 euro: un aumento di circa il 52.500.000%.
Ma la strada più grande l’ha percorsa il network. Perché Bitcoin, prima ancora di essere un asset finanziario, è una rete decentralizzata che consente a chiunque di scambiarsi l’unità di conto nativa: il satoshi. Un Bitcoin corrisponde a 100 milioni di satoshi. O, per renderla in termini matematici, un satoshi equivale a 0,00000001 Bitcoin. Nel 2023 nel network Bitcoin è stato scambiato un ammontare di satoshi equivalente a 15 miliardi di dollari al giorno. Inoltre, la competizione tra i miners, coloro i quali validano le transazioni risolvendo complessi calcoli matematici e per questo ricevono come premio nuovi Bitcoin come previsto nel white paper, è in costante aumento. Questa si misura in termini di hash rate: ha toccato il 31 dicembre 2023 un massimo storico di 630 Exahash al secondo (“Exahash al secondo” è un’unità di misura che indica il numero di tentativi di calcoli che possono essere eseguiti in un secondo, il cui nome è composto appunto dalla parola “hash”, calcoli, e dal prefisso del sistema internazionale che indica un fattore di 10^18, o un miliardo di miliardi, “Exa”).
Dietro questi numeri si nasconde il concetto di “proof of work” (prova di lavoro o fatica) alla base del funzionamento del newtork. I miners, per validare le transazioni, devono eseguire calcoli matematici sempre più complessi (se aumenta tra loro la competizione) e quindi devono fare “più fatica”. Questa fatica richiede di conseguenza un crescente dispendio energetico. Ecco perché alcuni definiscono Bitcoin come una “moneta energetica”, un processo matematico che trasforma l’energia utilizzata per far funzionare il network per generare valore. Ma, fortunatamente, i miners si stanno sempre più incamminando sulla strada green per abbattere i costi energetici legati al mining di Bitcoin, tanto che, ad oggi, è stimato che oltre la metà dei Bitcoin minati provenga da fonti di energia rinnovabile.
La sua storia, però, non è fatta solo di fasi di crescita esponenziale. Dal suo avvento a oggi, infatti, abbiamo visto il valore di Bitcoin raggiungere il proprio apice il 10 novembre del 2021, sfiorando i 67.000 euro, ma abbiamo anche assistito a rapidi crolli, come quello che lo ha visto scendere di quasi 24.000 euro in sole tre settimane nel maggio 2021, che hanno portato alcuni investitori emozionabili a perdere parecchio denaro.
Prima di riepilogare l’andamento delle più importanti oscillazioni di prezzo di Bitcoin, con l’Osservatorio Digital Innovation del Politecnico di Milano ripercorriamo le tappe fondamentali del suo percorso, durante il quale il suo valore è appunto cresciuto da una frazione di centesimo a decine di migliaia di euro.
La storia di Bitcoin
Dall’avvio del gennaio 2009, la rete di Bitcoin inizia subito a funzionare: la community comincia a crescere e il Bitcoin viene utilizzato per la prima volta per l’acquisto di un bene nel mondo fisico, una pizza. Nel 2012 Bitcoin raggiunge la capitalizzazione di un miliardo di dollari. Sopraggiungono tuttavia i primi problemi.
Nel 2010-2011 Bitcoin, a causa del suo utilizzo di pseudonimi e dell’assenza di un’autorità di controllo, viene associato al mercato illegale, dalla droga al terrorismo, e per questo viene relegato a fenomeno di nicchia di scarso interesse per il mondo del business. I regolatori di diverse nazioni iniziano a chiedersi a questo punto come deve essere considerato Bitcoin. Alcuni lo riconoscono come valuta, alcuni come strumento finanziario e altri ancora lo proibiscono o ne sconsigliano l’utilizzo alle banche.
Dal 2014 si apre una fase in cui l’interesse inizia a spostarsi verso la tecnologia dietro Bitcoin: la Blockchain, un registro pubblico digitale consultabile da tutti che rende le transazioni anonime, sostituendo i nomi dei soggetti con stringhe di indirizzi trasparenti (la sicurezza delle transazioni è invece garantita dalla crittografia, come anticipato all’inizio dell’articolo). Iniziano così a nascere piattaforme che sfruttano alcuni principi fondanti di Bitcoin: Ethereum, piattaforma orientata alla creazione di smart contract, e Ripple, nata nel 2012 per facilitare i pagamenti interbancari in diverse valute, che raccoglie l’adesione da parte delle prime banche.
Nel 2015 nasce anche R3, un consorzio composto dalle più importanti banche mondiali, che sviluppa la piattaforma Corda. Sempre nel 2015 la fondazione Linux incomincia a lavorare al progetto Hyperledger per lo sviluppo collaborativo di una piattaforma che possa anche essere utilizzata dalle aziende. Si arriva pertanto a un bivio: c’è chi crede solo nelle criptovalute e chi crede che la tecnologia sottostante possa essere applicata anche ad altri ambiti.
Nel 2016 si afferma la moda della Blockchain. La stampa inizia a parlarne e sempre più spesso viene presentata in netta separazione rispetto a Bitcoin (alla fine del 2015 The Economist le dedica la copertina e la annovera tra le tecnologie che rivoluzioneranno il digitale nei prossimi anni). Come conseguenza di questo clamore mediatico, inizia ad aumentare la consapevolezza delle aziende sulla Blockchain e vengono avviate numerose sperimentazioni.
Alla fine del 2017 entriamo nella cosiddetta fase di disillusione dell’hype cycle di Gartner: nascono le prime perplessità sul potenziale rivoluzionario della tecnologia Blockchain, che fatica a concretizzare le promesse fatte, mentre le criptovalute continuano a oscillare nel loro valore. Il processo di validazione della rete di Bitcoin (il cosiddetto processo di mining) presenta alcuni limiti al crescere della rete: lentezza nell’effettuare una transazione, consumo elevato di energia per la validazione e rischio di centralizzazione dei computer dedicati a tale attività.
Dopo la forte attenzione mediatica ricevuta nel 2017, trainata dalla crescita del loro prezzo, il 2018 si caratterizza per un inarrestabile crollo in termini di capitalizzazione. La community Blockchain conia un nuovo termine per definire questo momento: “crypto-winter”. L’inverno, però, non è arrivato per la tecnologia alla base delle criptovalute. La Blockchain, infatti, continua a suscitare grande interesse da parte delle aziende. La tecnologia evolve, grazie anche agli sforzi profusi dalle community di sviluppatori che ruotano attorno alle Blockchain pubbliche.
Nel 2020 e nel 2021 si assiste a un’esplosione dei progetti delle Banche Centrali per la creazione delle proprie monete digitali, le cosiddette Central Banks Digital Currencies (o CBDC). Questa nuova applicazione della tecnologia sembra farsi strada nel mondo. Circa il 40% delle Banche Centrali hanno infatti avviato un progetto di ricerca sull’emissione di una eventuale CBDC. Nel frattempo, iniziano ad arrivare i primi segnali di un possibile inquadramento giuridico delle Blockchain e delle criptovalute, come Bitcoin, con la Commissione Europea che include all’interno del Digital Finance Package una regolamentazione sui crypto-asset.
Il 2021 e la prima metà del 2022 sono caratterizzati invece da una forte spinta innovativa. Si diffondono le applicazioni decentralizzate (DApp, acronimo di Decentralized Applications), in particolare quelle in ambito finanziario. È nel novembre del 2021, infatti, che le applicazioni di finanza decentralizzata (DeFi, acronimo di Decentralized Finance) gestiscono l’equivalente di 178 miliardi di dollari. Due mesi prima, precisamente il 7 settembre 2021, lo stato centro-americano di El Salvador diventava ufficialmente il primo Paese al mondo ad adottare Bitcoin come valuta legale.
Oltre alle DApp vengono introdotti i token non fungibili (NFT, acronimo di Non-Fungible Token). Questo innovativo standard tecnico abilita diversi nuovi casi d’uso, dalla tokenizzazione di asset finanziari, a fenomeni di collezionismo. Tra gli utenti privati esplode infatti il mercato dei collectibles: solitamente realizzati in collezioni di numerosità variabile, replicano fenomeni di collezionismo aggiungendo delle caratteristiche di unicità a contenuti multimediali, riguardanti soprattutto opere d’arte, musicali e giochi online. Nella seconda metà del 2022 si inizia, invece, a diffondere l’uso del termine Web3, con il quale si descrive una nuova versione decentralizzata del web basata su Blockchain.
Il valore di Bitcoin nei suoi 15 anni di storia
Durante questo percorso, il prezzo di Bitcoin ha continuato ad oscillare. Nel 2009 valeva meno di 0,01 euro, nel 2010 all’incirca 0,10 euro, nel 2011 salì a quasi 4 euro per raggiungere, nel 2012, il valore di circa 10 euro. Dopo il primo halving di novembre 2012 si generò una mega bolla speculativa nell’autunno del 2013 che fece schizzare il prezzo da circa 124 euro nell’ottobre 2013 a circa 1.125 euro nell’aprile 2014.
Ricordiamo che il meccanismo dell’halving dimezza ogni quattro anni la quantità dei Bitcoin versata ai minatori a titolo di ricompensa e serve a controllare linearmente l’offerta di Bitcoin, stimolarne la domanda e stabilizzarne l’inflazione, fino al limite massimo previsto di 21 milioni di unità (si prevede che ciò avverrà intorno al 2140 anche se, ad oggi, siamo già arrivati a 19,5 milioni). Bitcoin infatti non nacque solo con l’idea di offrire a chiunque una unità di valore neutra e decentralizzata, ma anche scarsa e potenzialmente non soggetta alla svalutazione tipica delle valute tradizionali, che dal 1971 vengono definite fiat, cioè fiduciarie, perché non più ancorate al prezzo di una materia prima come l’oro o l’argento ma valorizzate dalla fiducia riposta nei confronti degli organismi emittenti (in questo senso Bitcoin nasce come alternativa slegata dalla fiducia e viene perciò anche definito sistema “trust-less”). L’halving consente inoltre una ripartizione più equa della rete: con la riduzione della ricompensa, i minatori che non hanno aggiornato le loro apparecchiature di mining potrebbero uscire dal circuito, lasciando il posto a macchine più efficienti.
Da aprile 2014 iniziò il primo bear market post-bolla di Bitcoin e il prezzo scese ininterrottamente dell’85% fino a gennaio 2015, quando si toccò il minimo post bolla a quota 157 euro.
Dopo il secondo halving di luglio 2016 si generò un’altra grande bolla speculativa nel 2017, grazie alla quale la criptovaluta raggiunse per la prima volta i 1.200 euro nel marzo 2017 per poi salire, entro la fine dell’anno, a oltre 15.000 euro (forse nemmeno Satoshi Nakamoto avrebbe immaginato che la sua invenzione Bitcoin sarebbe arrivata ad avere un valore così alto sul mercato) grazie al debutto della valuta sul mercato dei future, che consente agli investitori di concordare prezzo, quantità e data del futuro acquisto di un asset. In quel caso il primo crollo si fermò già a febbraio 2018, quando venne toccata quota 5.640 euro, con una perdita del 70% dai massimi. In altre parole la perdita in percentuale fu simile a quella del primo calo del 2014, anche se fu molto più rapida.
Quattro mesi dopo, il valore di mercato scese di circa due terzi, arrivando intorno ai 5.900 euro. Il ribasso sembra fortemente connesso al susseguirsi di tre notizie: la messa al bando degli annunci sulle criptovalute da parte di Google, la presenza di link a immagini di abusi su minori nascosti nella blockchain di Bitcoin, scoperti da alcuni ricercatori tedeschi, e il furto di 600 computer per il mining di Bitcoin avvenuto in Islanda. A questa serie di eventi fece seguito una pioggia di titoli polemici, come ad esempio: “Il Bitcoin è ridicolo. La blockchain è pericolosa”, e anche la piattaforma dedicata ai pagamenti Stripe cessò di ospitare le transazioni in Bitcoin.
I prezzi oscillarono intorno agli stessi valori fino alla fine di dicembre 2018, prima di scendere a circa 2.000-3.000 euro nei mesi successivi. In quel periodo morì a soli trent’anni Gerald Cotten, CEO del più grande exchange di criptovalute del Canada, Quadriga. Poiché era lui l’unico detentore delle chiavi di accesso al bitcoin wallet della piattaforma, Quadriga si lasciò dietro 170 milioni di euro detenuti da circa 115.000 utenti che non poterono più avervi accesso. Anche la prima grande Borsa di derivati a offrire future sull’acquisto di Bitcoin, Cboe Global Markets, smise di negoziare la criptovaluta.
Il marzo 2019, però, segnò per Bitcoin l’inizio di una breve corsa al rialzo, ed entro l’estate il suo prezzo arrivò a sfiorare gli 11.000 euro, raggiungendo il suo valore più alto fino a quel momento. Il trend di crescita non subì battute d’arresto nemmeno quando un provider di indici ed ETF sulle criptovalute diffuse una notizia secondo cui il 95% dei volumi di scambio riportati da Bitcoin sarebbero stati falsi. Stando all’analisi condotta da Bitwise Asset Management su 81 borse, infatti, i volumi di scambio giornalieri sarebbero stati più vicini ai 263 milioni di euro che ai 5,6 miliardi riportati da CoinMarketCap.
Da quel momento iniziò una fase di relativo stallo dei prezzi. Dopo il settembre 2020, però, il valore di Bitcoin esplose. Nel giro di sei mesi, il prezzo della criptovaluta raggiunse un nuovo record di oltre 50.000 euro. Il fondatore di Tesla, Elon Musk, annunciava che la sua azienda era pronta ad accettare pagamenti in criptovaluta. Nel maggio 2021, tuttavia, un mese dopo il picco, il valore di Bitcoin scese di circa 24.000 euro, riducendosi a una cifra vicina ai 28.000. Il calo del prezzo avvenne in seguito alla notizia che la Cina avrebbe imposto una stretta sul mining e sul trading di criptovalute introducendo una nuova regolamentazione.
I prezzi iniziarono a risalire nel luglio 2021, arrivando a circa 42.000 euro a fine agosto, per poi scendere a 37.000 il mese successivo. Le quotazioni aumentarono fino a raggiungere il massimo storico di quasi 66.500 euro a novembre 2021, prima di una flessione che durerà fino a gennaio 2022, quando i prezzi raggiungeranno i 29.000 euro.
Nell’aprile 2022 una breve fase di crescita riportò i prezzi a 42.000 euro, prima dell’arrivo del cosiddetto “crypto winter” (inverno delle criptovalute), che fece scendere il valore di Bitcoin a circa 20.000 euro, il 51% in meno rispetto all’inizio dell’anno e il 31% in meno rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.
Quanto vale oggi la regina delle criptovalute
Il 2023 è però stato l’anno del riscatto per Bitcoin che, dal 1 dicembre 2022, ha recuperato il 152%, passando da quota 15.430 euro a 38.500 euro circa il 31 dicembre 2023.
E in questo inizio d’anno ha già fatto parlare di sé con un nuovo rally. Il 2 gennaio 2024 Bitcoin ha sfondato il muro dei 45 mila dollari, portandosi a quota 45.700 dollari (livello che non toccava dall’aprile del 2022) e mettendo a segno un rialzo di oltre il 7%. Le motivazioni sono principalmente due:
- la prima è che ben 13 case di investimento, tra cui BlackRock, la più grande al mondo in termini di masse gestite, sono in lizza per l’ottenimento da parte della Securities and Exchange Commission statunitense (l’equivalente della Consob italiana) dell’approvazione alla quotazione del primo ETF che replichi il prezzo spot (cioè di mercato e non basato sui contratti future) di Bitcoin a Wall Street. Si tratta di un’importante novità perché consentirebbe di acquistare uno strumento finanziario che segue il prezzo del Bitcoin senza dover possedere direttamente la criptovaluta (secondo le stime, li possiedono tra i 150 e i 400 milioni di persone al mondo). Una risposta, positiva o negativa, è attesa entro il 10 gennaio, motivo per cui le valutazioni di Bitcoin sono particolarmente agitate in questi giorni che precedono il verdetto.
- La seconda motivazione di euforia nell’andamento di Bitcoin è il prossimo halving, previsto per il 23 aprile 2024, quando la quantità dei Bitcoin versata ai minatori a titolo di ricompensa verrà dimezzata: riducendo l’offerta sul mercato della criptovaluta, il prezzo lievita.
La storia riassunta in questo articolo insegna però quanto sia difficile avanzare ipotesi verosimili riguardo l’andamento del prezzo di Bitcoin nei mesi, nelle settimane o persino nei giorni e nelle ore a venire. Le forti oscillazioni che hanno costellato il suo track record dovrebbero mettere in guardia gli investitori di Bitcoin a prepararsi a qualche scossone, come la multa di 4,3 miliardi di dollari imposta lo scorso dicembre contro Binance dal Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti e i procedimenti legali contro il suo fondatore, Changpeng Zhao. Tra i più celebri investitori scettici riguardo la regina delle criptovalute c’è il guru Warren Buffett, che in un incontro con gli investitori del 2022 ha detto che non scambierebbe un Bitcoin neppure per 25 dollari.
Tra l’altro, il report sulle prospettive di mercato 2024 appena diffuso da XTB, fintech internazionale quotata alla Borsa di Varsavia e uno dei maggiori broker FX e CFD, sottolinea come nel novembre 2023 le transazioni giornaliere di Bitcoin abbiano raggiunto il livello record di 710.000, ma solo 235.000 erano transazioni finanziarie. Il che significa una modesta crescita annua del 10%.
“Il numero di indirizzi Bitcoin attivi è stabile da oltre tre anni. Nonostante siano trascorsi 15 anni dalla nascita di Bitcoin, la sua curva di adozione non è parallela alla rapida ascesa di Internet o di tecnologie come ChatGPT. Anche se fattori come le migrazioni dagli scambi di criptovalute, i fallimenti bancari e i nuovi progressi tecnologici in Bitcoin hanno stimolato una maggiore attività degli utenti, i dati sulle transazioni e sull’adozione non supportano in modo solido l’utilità pratica di tutte le oltre 22.000 criptovalute esistenti”, ha commentato Walid Koudmani, Chief Market Analyst di XTB.