In calo il numero degli artigiani nel nostro paese. Nell’arco degli ultimi dieci anni sono scesi di 325mila unità, ossia il 17,4% in meno. Leggermente in controtendenza è stato il 2021, quando la platea degli artigiani è leggermente aumentata, anche se di poco rispetto all’anno precedente.
I dati a disposizione dell’Inps hanno messo in evidenza nel 2022 in Italia sono presenti qualcosa come 1.542.299 artigiani: questo significa che ad essere meno interessati a questa professione non sono solo i giovani, ma l’interesse decresce anche per quanti non hanno ancora raggiunto l’età anagrafica o non hanno maturato la contribuzione necessaria per poter andare in pensione. Sono molti i lavoratori, infatti, che preferiscono chiudere la partita Iva e rimanere nel mercato del lavoro come dipendenti. Questi sono, in estrema sintesi, i risultati di un’analisi condotta dall’ufficio studi della Cgia di Mestre.
Artigiani: chiudono le imprese familiari
Dando uno sguardo a quanto sta accadendo nelle principali città italiane e nei paesi di provincia, stanno sostanzialmente sparendo molte attività artigianali. In un certo senso è possibile affermare che non diminuisce unicamente il numero degli artigiani, ma sta cambiando anche il volto di interi quartieri delle nostre città.
Difficile trovare, oggi come oggi, botteghe artigianali che ospitano dei calzolai, dei corniciai, dei fabbri, dei falegnami, dei lavasecco, degli orologiai, dei sarti e dei tappezzieri. Nella maggior parte dei casi queste attività erano a conduzione familiare. Secondo l’analisi condotta dalla Cgia di Mestre, oggi come oggi si fatica a reperire, nel mondo del lavoro, delle persone che siano disposte a fare i seguenti lavori:
- autisti;
- autoriparatori;
- sarti;
- pasticceri;
- fornai;
- parrucchieri;
- estetisti;
- idraulici;
- elettricisti;
- manutentori delle caldaie;
- tornitori;
- fresatori;
- verniciatori;
- batti lamiera.
Problemi a trovare degli artigiani anche nel mondo dell’edilizia, soprattutto se si ha la necessità di reperire dei carpentieri, dei posatori o dei lattonieri.
Le città nelle quali mancano più artigiani
A livello nazionale le città nelle quali si registra le flessioni con le percentuali più elevate sono Vercelli, Teramo, Lucca e Rovigo. Solo per avere un’idea dell’andamento degli abbandoni, basti pensare che a Vercelli e Teramo, le province in cui sono state registrate le più alte flessioni, è stato registrato un -27,2%. Nella classifica delle città nelle quali sono state registrate le maggiori flessioni, seguono:
- Lucca: -27%;
- Rovigo: -26,3%;
- Massa Carrara: -25,3%.
Le province nelle quali è stata registrata una flessione più contenuta sono:
- Trieste: -3,2%;
- Napoli: -2,7%;
- Bolzano: -2,3%.
Le città nelle quali sono state registrate le perdite più consistenti risultano essere:
- Bergamo: -8.441;
- Brescia: -8.735;
- Verona: – 8.891;
- Roma: -8.988;
- Milano: -15.991;
- Torino: -18.075.
Una fotografia dell’artigianato in Italia
Senza dubbio in Italia il tessuto produttivo risulta essere fortemente caratterizzato dall’artigianato. Stando ad una recente analisi dell’Ufficio Studi Confartigianato, nel nostro paese ci sono 1.010.318 imprese artigiane attive, che costituiscono il 23,1% delle imprese complessive. E che, soprattutto, danno lavoro a qualcosa come 2.613.608 addetti, ossia il 15% degli addetti complessivi. Una percentuale che cresce al 25% (ossia un quarto) degli occupati nelle micro e piccole imprese.
Come spiega l’Ufficio Studi Confartigianato nella sua ricerca, il
valore artigiano caratterizza i modi di produrre e organizzare l’impresa in modo esteso, superando vecchi limiti di forma giuridica di impresa, dimensione e settore, contaminando e diffondendosi sull’ampia platea di 4.348.912 micro e piccole imprese attive (MPI), i cui 11.080.250 addetti concentrano il 63,5% del totale degli addetti. A fine 2021 sono 1.287.951 le imprese artigiane registrate dal sistema camerale.
Ricordiamo che l’Italia è sostanzialmente leader europea per la presenza di micro e piccole imprese: il sistema imprenditoriale nostrano risulta essere caratterizzato dalla presenza di molte aziende a valore artigiano. Una particolarità che fornisce alla nostra economia una specificità che non ha riscontro nelle altre economie europee.
L’Italia è il primo Paese europeo per numero di occupati in MPI del manifatturiero con 1.902.190 addetti, pari al 21,1% dei corrispondenti circa 9 milioni di addetti di 26 paesi Ue per cui sono disponibili i dati, ed il 17,5% in più rispetto ai 1.618.276 della Germania; seguono la Polonia con 883.879 addetti, la Spagna con 824.835 addetti e la Francia con 735.708 addetti.