Economia

Calo migranti aumenterà costo pensioni vanificando riforme

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Il calo del numero di migranti in arrivo in Italia finirà per aumentare i costi delle pensioni, vanificando al contempo le riforme messe in atto sin qui dalle autorità politiche. Sono le previsioni rese note dalla Ragioneria dello Stato nel suo ultimo rapporto sulla spesa previdenziale, in cui si segnala una crescita dell’onere in rapporto al Pil.

La spesa previdenziale – secondo i calcoli del report sulle tendenze di medio-lungo periodo del sistema pensionistico socio-sanitario – è destinata ad incrementare nei prossimi anni in Italia e una riduzione del flusso netto di migranti in entrata nel nostro paese rischia di penalizzare sia la crescita economica sia i futuri assegni pensionistici.

Il rapporto fra spesa per le pensioni e Pil, infatti, risulta “significativamente superiore, per l’intero periodo di previsione” fino al 2070, “con una differenza massima di 0,8 punti percentuali attorno al 2040”, quando raggiungerebbe il 16,3%. Per quanto riguarda i livelli in tutta Europa, pure è previsto “forte incremento del rapporto”, che, “in termini di sostenibilità delle finanze” vanificherebbe “buona parte degli effetti del processo di riforma“.

La Ragioneria dello Stato puntualizza inoltre come una “contrazione della crescita economica” sia dovuta “a una minore dinamica occupazionale, a sua volta dipendente da una riduzione del flusso netto degli immigrati” rispetto alla precedente stima Istat. A rischio sarebbero poi anche i risparmi accumulati grazie alla riforma Fornero.

Il fenomeno dei flusso migratori uscirà ridimensionato in maniera significativa nei prossimi 20 anni, secondo le stime del rapporto. Questo avrà effetti indesiderati e negativi sugli assegni per le pensioni: dal 2030 in avanti i tassi di sostituzione lordi, i rapporti tra pensione e stipendio, “risultano leggermente ridotti”.

Nello stesso dossier, la Ragioneria generale italiana aggiunge che “sulla base delle ipotesi demografiche e macroeconomiche” aggiornate “il tasso di crescita del Pil reale si attesta intorno ad un valore medio-annuo dell’1,2% nell’intero periodo di previsione” che si estende fino al 2070. In precedenza la Ragioneria aveva previsto una crescita media annua dell’1,5%.

I motivi scatenanti sono da ricercare nella prevista “riduzione del tasso di crescita degli occupati, in ragione della riduzione del flusso netto di immigrati“. D’altronde, osserva la Ragioneria dello Stato “le variazioni più significative hanno riguardato le ipotesi relative al flusso netto di immigrati il quale è stato rideterminato in un valore medio annuo di 154 mila unità, nell’intero periodo di previsione, a fronte delle 209 mila unità della precedente previsione, con una contrazione media del 26%”.

Da qui ai prossimi 20 anni il flusso netto di immigrati dovrebbe scendere da 233 mila a 155 mila unità. In questo periodo la contrazione risulterà particolarmente pesante, del 33% circa. Per capire la dimensione del fenomeno basti pensare che nei 20 anni passati “il flusso migratorio netto è risultato in media di circa 230 mila unità annue (280 mila negli ultimi 15 anni)”. Anche una componente demografica importante come il tasso di fecondità, ritoccato al ribasso, ha influito sulla revisione delle stime.