Il crollo del prezzo del petrolio potrebbe contagiare i mercati dell’energia. Una nuova analisi di Deutsche bank sostiene che il pericolo ci sarebbe per i mercati dell’energia ad alto rendimento se il prezzo scende sotto i 30 dollari a barile. Ma già la situazione non sarebbe facile a 35 dollari. A questa cifra succederebbe per esempio che il valore del debito d’impresa potrebbe salire oltre il 55% per molte aziende di energia ad alto rendimento.
Il risultato potrebbe essere un aumento dei rendimenti che metterebbe sotto pressione le aziende. Le rese sono già salite di un punto percentuale rispetto al mese scorso in corrispondenza del calo del petrolio. I recenti aumenti di prezzo della scorsa settimana hanno per ora alleviato le preoccupazioni. Ma se è solo una pausa prima di altri rallentamenti, i guai tornano in vista.
Anche altri analisti la pensano così. Secondo UBS un WTI a 40 o sotto per un anno aumenterebbe i rischi per i rendimenti dell’energia. Pochi credono però che il crollo del prezzo del petrolio possa innescare una crisi economica globale. I bassi prezzi del petrolio sarebbero un problema solo per le compagnie petrolifere e per i Paesi produttori della materia e non per il settore finanziario in generale. Il problema qui deriva da un aumento dell’offerta e non da un crollo della domanda come successe nel 2008.
I prezzi più bassi del petrolio potrebbero anche ridurre i costi per i consumatori e trascinare verso il basso l’inflazione, fattore che potrebbe dissuadere la Fed da ulteriori rialzi dei tassi. Secondo quanto detto a Cnbc da Dennis Gartman, editore della Gartman Letter, “se i prezzi dell’energia scendono, questo può essere dannoso per le società di energia ma potrebbe essere vantaggioso per tutti gli altri”. Il settore dell’energia inoltre costituisce oggi una quota più piccola dell’indice S&P rispetto al 2008: il 6% mentre allora era il 15%.