ROMA (WSI) – Il premier Matteo Renzi trionfante, dopo che la Camera dà il via libera alle riforme. con 357 sì, 125 no e 7 astenuti. Il testo tornerà ora al Senato. Renzi scrive su Twitter: “Voto riforme ok alla Camera. Un Paese più semplice e più giusto. Brava @meb, bravo @emanuelefiano, bravi tutti i deputati magg #lavoltabuona”. Secondo Renzi, ora l’Italia è un paese “più semplice e giusto”. Ma la tensione all’interno del Pd è evidente.
Durante il voto, inoltre, il Movimento 5 Stelle è rimasto fuori dall’Aula, mentre non sono mancate proteste da Sel, con i deputati che hanno mostrato la Costituzione.
“La Costituzione è il fondamento della vita democratica. E stravolgerla con la logica dei colpi di mano nella direzione sbagliata è grave. Questa cosiddetta riforma serve a dare sempre più potere a chi il potere ce l’ha, e a rendere il popolo sempre più una comparsa sulla scena della vita pubblica”, ha detto il presidente Nichi Vendola, presidente di Sel.
L’unico del M5S rimasto a Montecitorio è il deputato Danilo Toninelli che, nell’intervento durante le dichiarazioni di voto, afferma: “E’ davvero doloroso per me essere qui oggi ma lo faccio con l’orgoglio di chi ha il compito di testimoniare la contrarietà al tentativo di rovinare la Costituzione imposto con metodi fascisti”.
Il voto a favore del ddl sulle riforme, noto come ddl Boschi, è arrivato da Pd, Area popolare (Ncd più Scelta civica), Per l’Italia- Centro democratico e Scelta civica. No, invece, da Forza Italia, Lega, Fdl-An, Alternativa libera e Sel. Il testo approvato contiene la revisione del Titolo V della Costituzione e la trasformazione dell’attuale Senato in una Camera delle Regioni.
Non mancano critiche dalla minoranza democratica. “Il Patto del Nazareno – avverte Pier Luigi Bersani – non c’è più, non si dica che non si tocca niente. O si modifica in modo sensato l’Italicum o io non voto più sì sulla legge elettorale e di conseguenza sulle riforme perchè il combinato disposto crea una situazione insostenibile per la democrazia”.
LA LETTERA DI 18 DEPUTATI A BERLUSCONI
Aumentano le crepe all’interno di Forza Italia, che vota no alle riforme. Ma 18 sono i deputati che scrivono a Berlusconi. Segue il testo, riportato dall’Agi.
“Caro Presidente, desideriamo rappresentarTi il nostro profondo disagio e dissenso rispetto alla decisione di votare contro le riforme istituzionali all’esame della Camera”.
I deputati ammettono di aver votato no solo per “affetto” verso il Cavaliere: “Siamo infatti convinti della bontà del percorso che era stato avviato con il cosiddetto “patto del Nazareno”, un percorso che ci aveva rimesso al centro della vita politica del Paese e che ci aveva consentito di partecipare ad un processo di riscrittura della Costituzione che per la logica fisiologia della politica non poteva che avere natura “compromissoria”. Siamo quindi convinti della bontà del lavoro fatto prima di noi dai colleghi del gruppo parlamentare del Senato, cui va la nostra solidarietà nel momento in cui ne viene messo così pesantemente in discussione l’operato, così come dal lavoro che è stato fatto in Commissione Affari Costituzionali Camera e – prima della rottura con il Partito Democratico – in Aula alla Camera. Non abbiamo votato norme mostruose né partecipato ad una svolta autoritaria del Paese, ma semmai abbiamo contributo a migliorare norme che nell’altro ramo del Parlamento il nostro gruppo aveva già approvato anche su Tua indicazione”.
“Siamo altresì persuasi – continua la lettera – che la conduzione del nostro gruppo parlamentare mostri quotidianamente un deficit di democrazia, partecipazione ed organizzazione: non è pensabile, per rispetto dell’intelligenza di tutti, che si continui a riunirsi per ratificare decisioni già prese altrove e che magari Ti vengono rappresentate come decisioni unitarie del gruppo. Ebbene come dimostra questo documento il gruppo non è né unito né persuaso dalla linea che è stata scelta”.
“Ti diciamo dunque con franchezza e lealtà che non ci iscriveremo al Comitato per il No contro queste riforme, andando a sostenere le stesse tesi del Movimento 5 Stelle o di Sel, né riteniamo che un partito come il nostro possa subire i diktat di chi si propone – prima di eventuali alleanze in vista delle elezioni regionali – di `verificare il nostro comportamento in Parlamento´. Lo troviamo offensivo per la nostra dignità di partito e di parlamentari”.
“Con altrettanta lealtà Ti diciamo che non comprendiamo come in questi ultimi mesi si sia persa la cognizione di quali siano i luoghi decisionali all’interno del Partito, e crediamo di doverTi rappresentare la necessità che ad ogni livello sia recuperata una piena democrazia degli organismi, partendo dalla centralità dei gruppi parlamentari e dal loro diritto di autodeterminare i propri organismi”.
“Non ci sfugge tuttavia la peculiarità del momento storico che stiamo vivendo né siamo insensibili al Tuo invito all’unità. Voteremo dunque come da te indicato non per disciplina di gruppo, ma per affetto e lealtà nei tuoi confronti. Lo facciamo contraddicendo le nostre convinzioni, e dicendoTi con franchezza, che situazioni simili in futuro non potranno vederci silenti. Con immutato affetto”.
I PUNTI CHIAVE DELLE RIFORME
Di seguito i cinque punti chiave della riforma: Superamento del bicameralismo perfetto, riduzione del numero dei parlamentari, contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni, soppressione del Cnel e la revisione del Titolo V della Parte seconda della Costituzione.
Nello specifico, Giovanni Innamorati dell’ANSA scrive l’ABC delle riforme
Un Senato composto da 100 senatori eletti dai Consigli regionali, con meno poteri nell’esame delle leggi; nuovo Federalismo, con abolizioni delle materie di competenza concorrente tra Stato e Regioni, con alcune competenze strategiche riportate in capo allo Stato. Ecco i punti principali della riforma che la Camera si accinge a votare in seconda lettura.
CAMERA – Sara’ l’unica Assemblea legislativa e anche l’unica a votare la fiducia al governo. I deputati rimangono 630 e verranno eletti a suffragio universale, come oggi.
SENATO – Continuera’ a chiamarsi Senato della Repubblica, ma sara’ composto da 95 eletti dai Consigli Regionali, piu’ cinque nominati dal Capo dello Stato che resteranno in carica per 7 anni. Avra’ competenza legislativa piena solo sulle riforme costituzionali e le leggi costituzionali e potra’ chiedere alla Camera la modifica delle leggi ordinarie, ma Montecitorio potra’ non tener conto della richiesta. Su una serie di leggi che riguardano il rapporto tra Stato e Regioni, la Camera potra’ non dar seguito alle richieste del Senato solo respingendole a maggioranza assoluta.
SENATORI-CONSIGLIERI: I 95 senatori saranno ripartiti tra le regioni sulla base del peso demografico di queste ultime. I Consigli Regionali eleggeranno con metodo proporzionale i senatori tra i propri componenti; uno per ciascuna Regione dovra’ essere un sindaco.
IMMUNITA’: I nuovi senatori godranno delle stesse tutele dei deputati. Non potranno essere arrestati o sottoposti a intercettazione senza l’autorizzazione del Senato. Autorizzazione obbligatoria anche per processare un senatore per un reato d’opinione.
TITOLO V: Sono riportate in capo allo Stato alcune competenze come l’energia, infrastrutture strategiche e grandi reti di trasporto. Su proposta del governo, la Camera potra’ approvare leggi nei campi di competenza delle Regioni, “quando lo richieda la tutela dell’unita’ giuridica o economica della Repubblica, ovvero la tutela dell’interesse nazionale”.
PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA: Lo eleggeranno i 630 deputati e i 100 senatori (via i rappresentanti delle Regioni previsti oggi). Nei primi quattro scrutini servono i due terzi dei voti, nei successivi quattro i tre quinti; dal nono basta la maggioranza assoluta.
CORTE COSTITUZIONALE: Cinque dei 15 giudici Costituzionali saranno eletti dal Parlamento: 3 dalla Camera e 2 dal Senato.
REFERENDUM: Serviranno 800.000 firme. Dopo le prime 400.000 la Corte costituzionale dara’ un parere preventivo di ammissibilita’. Potranno riguardare o intere leggi o una parte purche’ essa abbia un valore normativo autonomo.
DDL INIZIATIVA POPOLARE:Salgono da 50.000 a 250.000 le firme necessarie per presentare un ddl di iniziativa popolare. Pero’ i regolamenti della Camera dovranno indicare tempi precisi di esame, clausola che oggi non esiste.
GIUDIZIO PREVENTIVO CONSULTA SU ITALICUM – Nelle nome transitorie del provvedimento è previsto che, prima che vada a regime il testo, su richiesta di almeno il 25% dei parlamentari, la Corte Costituzionali esprima un giudizio preventivo sulla costituzionalità delle leggi elettorali in corso di approvazione (ovvero l’Italicum).