Londra si risveglia fuori dall’Unione Europea e senza più il suo leader politico. David Cameron ha rassegnato le sue dimissioni da primo ministro. Sconfitto dall’esito del voto di ieri notte, il premier britannico, che si era giocato tutto con il referendum sulla Brexit, indetto dal suo stesso partito per mantenere le promesse in campagna elettorale, ha gettato la spugna.
“Il popolo britannico ha preso una decisione molto chiara nel prendere una strada diversa, perciò penso che il Paese necessiti di una leadership fresca per intraprendere questa direzione”: con queste parole Cameron preannuncia le proprie dimissioni in seguito alla vittoria della Brexit. Il primo ministro aveva dichiarato, nonostante il proprio aperto sostegno alla permanenza del Regno Unito nell’Unione Europea che, quale che fosse il risultato del referendum sarebbe rimasto in carica. Per il momento, comunque, Cameron si dimette solo dal comando del partito conservatore, in attesa che, entro ottobre, emerga un nuovo leader per i tories che possa sostituirlo alla guida del governo.
“Farò tutto quello che posso come primo ministro per tener fermo il timone nelle prossime settimane e nei prossimi mesi. Ma non penso sarebbe la cosa giusta per me rimanere i capitano che conduce il nostro Paese alla sua prossima destinazione”, annuncia Cameron. “Questa non è una decisione che ho preso alla leggera. Ma credo che sia nell’interesse nazionale avere un periodo di stabilità e, poi, la necessaria leadership”.
La tempistica preannunciata da Cameron non è stata precisa, “secondo me dovremmo nominare un nuovo premier entro l’inizio della conferenza del partito conservatore a ottobre”.
In queste ore di fibrillazione sui mercati finanziari, che hanno venduto massicciamente la sterlina e i titoli bancari, Cameron ha voluto rassicurare gli investitori: “L’economia britannica è forte”.
I cittadini britannici non si erano mai espressi sulla loro appartenenza all’Unione Europea, bensì avevano votato nel 1975 a favore del progetto di un mercato comune in Europa. Ma non avevano mai votato a favore dell’idea di far parte di un’unione politica. Secondo alcuni osservatori a spostare l’ago della bilancia dalla parte dei no all’Europa è stata la paura per l’ondata migratoria in arrivo dall’Europa.