Torniamo ad occuparci di Campi Flegrei, torniamo ad approfondire i possibili impatti economici sull’Italia di un’eventuale evacuazione forzata dell’area. Alla zona attualmente è stato attribuito un livello d’allerta giallo dagli esperti dell’INGV. E una drammatica eruzione potrebbe costare al Bel Paese 30 miliardi annui, l’1% del PIL (come raccontato qualche giorno fa in questo articolo). La buona notizia è che con la prevenzione e l’uso oculato delle risorse del PNRR, non solo si può evitare il peggio ma è possibile anche generare opportunità di crescita economica. Ma come si arriva a queste cifre? Vediamo tutto nell’analisi sullo studio pubblicato dal CNR-IRISS (Istituto di Ricerca su Innovazione e Servizi per lo Sviluppo).
Lo studio sui Campi Flegrei
In particolare, il tema è stato affrontato e approfondito nel dettaglio da una ricerca intitolata “I rischi catastrofali. Azioni di mitigazione e gestione del rischio”, scritta da Antonio Coviello (ricercatore CNR-IRISS e docente di Marketing Assicurativo nell’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli) e Renato Somma (ricercatore INGV ed associato CNR-IRISS), al quale hanno contribuito esperti e ricercatori di varie afferenze e competenze, pur non avendo pretesa di esaustività o di proposte definitive per la soluzione dei problemi esposti, costituisce tuttavia una disamina avanzata e multidisciplinare dei problemi posti dai rischi maggiori, anche in relazione ai cambiamenti climatici ed al recente fenomeno pandemico. Lo studio ha dimostrato che gli impatti dell’emergenza nei Campi Flegrei potrebbero essere parecchio onerosi, specie senza la necessaria opera di prevenzione.
La popolazione coinvolta
In particolare, la popolazione delle zone rosse ammonta a circa 1.300.000 persone; a queste vanno aggiunte circa 70.000 abitanti dell’isola d’Ischia, quando anche l’isola sarà (verosimilmente) dichiarata zona rossa. Nel Piano di Emergenza attuale è prevista la disseminazione su tutto il territorio nazionale della popolazione della zona rossa per cui la rispettiva area vulcanica è considerata di imminente eruzione. L’evacuazione repentina di 600.000-700.000 abitanti da un’area densamente popolata ha costi economici ingenti: intanto, da un banalissimo calcolo percentuale (circa 1% rispetto al totale della popolazione Italiana) si può già stimare il danno economico ‘diretto’ in almeno l’1% del PIL; a tale stima di minima bisogna aggiungere il danno economico indotto a tutta l’Economia nazionale, nonché i costi di completa assistenza della popolazione evacuata (non è infatti attualmente previsto alcun re-inserimento nell’economia e nel tessuto sociale nazionali).
I danni economici stimati
Ma come si arriva ai danni economici stimati su base annua? “Poiché il PIL annuale del nostro Paese vale circa 2.000 miliardi di euro, ed il costo di assistenza completa alle popolazioni sfollate può essere stimato in una cifra minima di 10000-15000 € pro-capite/anno, il costo di un’evacuazione improvvisa e non programmata sarebbe di oltre 30 miliardi di euro/anno. Agli alti costi economici (verosimilmente insostenibili per tempi medio-lunghi) si aggiungerebbe l’enorme disagio sociale; la combinazione dei due fattori, ma anche il solo costo economico, costituirebbe un gravissimo problema non solo di carattere nazionale, ma su scala almeno Europea”, scrive nella ricerca Antonio Coviello.
La prevenzione e le soluzioni
Le soluzioni per evitare il peggio, tuttavia, non mancano e lo studioso lo spiega chiaramente: “Un’evacuazione programmata, razionale e soprattutto progressiva (e non repentina) potrebbe risolvere, oltre al problema enorme del rischio vulcanico nell’area Napoletana, anche un problema parimenti grave come la crisi demografica (spopolamento ed invecchiamento progressivo) di molte aree interne del Meridione d’Italia. In quest’ottica, le mete privilegiate su cui ri-allocare la popolazione residente nelle zone rosse potrebbero essere appunto le aree interne delle stesse Regioni Meridionali, ed in misura maggiore la Campania. Come conseguenza, le zone rosse vulcaniche, comunque ad altissimo valore turistico e culturale, potrebbero essere di nuovo bilanciate in base ad un peso demografico residenziale significativamente minore, e restituite ad una loro naturale, molto maggiore vocazione turistica, culturale e di attività economiche sostenibili e ad alto valore economico”, spiega ancora Antonio Coviello.
Gli incentivi e l’occasione PNRR
Ovviamente, per favorire l’azione preventiva servirebbe un intervento istituzionale, su questo punto naturalmente non può non mancare una particolare attenzione all’occasione del PNRR e ai fondi cospicui di cui dispone che possono offrire un supporto prezioso in questa situazione. Per incentivare il trasferimento spontaneo della popolazione delle aree a rischio vulcanico nelle aree interne a rischio demografico, infatti, è fondamentale la creazione di infrastrutture, principalmente trasporti (linee ferroviarie ad alte velocità, come ad esempio la tanto attesa Napoli-Bari, Metropolitane Regionali e collegamenti via mare con grandi navi, attraverso l’adeguamento dei Porti minori). Lungo queste linee di collegamento, l’opportuna creazione di zone economiche speciali in corrispondenza delle aree da ripopolare, costituirebbe un ulteriore incentivo ad abbandonare le aree-dormitorio sovrappopolate nelle zone rosse, trasferendosi in zone più lontane ma perfettamente collegate; consentendo il raggiungimento rapido degli stessi luoghi di lavoro (anche nelle zone rosse), oppure nuove, migliori occasioni di impiego in zone economicamente privilegiate.
Le opportunità di crescita
Da ultimo, lo studio, evidenzia anche una possibile opportunità di crescita economica con una gestione ottimale della crisi vulcanica: “Ponendo correttamente sui tavoli Comunitari la questione dell’altissimo rischio vulcanico dell’area Napoletana, la cui proporzione ed il cui valore economico sono stati finora assolutamente sottostimati, può diventare possibile un imponente trasferimento di risorse dall’Europa al Mezzogiorno d’Italia, per risolvere problemi endemici e mai sinora seriamente affrontati come la creazione di infrastrutture degne di un Paese moderno e l’istituzione di opportuni incentivi allo sviluppo, che soli possono creare ed una crescita economica adeguata al resto d’Italia ed ai Paesi Europei più sviluppati – spiegano gli esperti – In quest’ottica, anche un problema gravissimo come il rischio vulcanico, affrontato seriamente e nel modo migliore può costituire un volano di grande sviluppo per il Paese”.
Rivedi l’intervista all’esperto di INGV
Insomma, come abbiamo visto, i rischi (anche economici) per l’Italia sui Campi Flegrei sono notevoli, qualche giorno fa ne abbiamo parlato in esclusiva con Stefano Carlino, Responsabile monitoraggio gravimetrico di INGV, intervistato in esclusiva dal direttore Leopoldo Gasbarro a Smart Talk. Rivedi qui il video racconto dell’esperto.