Il caso Ryanair potrebbe anticipare una crisi del modello di business delle compagnie low cost. In altre parole, in un futuro non molto lontano trovare biglietti aerei a prezzi stracciati potrebbe diventare una missione impossibile.
È quanto ha spiegato Cesare Pozzi, professore di Economia industriale alla Luiss all’agenzia stampa, AdnKronos:
“La corsa selvaggia all’abbassamento dei prezzi si deve per forza riassestare perché i costi effettivi sono altri. Il fenomeno low cost – continua – si regge sul cambiamento di assetto istituzionale legato alla liberalizzazione del trasporto aereo che ha offerto delle opportunità di arbitraggio”, ovvero una forma di concorrenza legata al fatto che esistono normative differenti. “Queste strategie legate all’arbitraggio hanno un po’ drogato il mercato”, nota l’esperto, secondo cui “ci siamo abituati a pensare” che si possa pagare per il trasporto aereo cifre che non corrispondono ai costi effettivi. Il mercato low cost, essendo legato a fenomeni di arbitraggio, “è destinato a finire – avverte – quando le condizioni a monte non ci sono più”.
A determinare negli anni passati, in particolare in Italia, il successo del modello di business delle low cost sono stati diversi fattori.
“La liberalizzazione è sicuramente l’elemento più importante“, osserva Pozzi. Vanno poi considerati il ruolo degli enti locali, che possono avere interesse all’apertura di una rotta e finanziarla, e “l’investimento pubblico fatto sugli aeroporti” tenendo conto che “in Italia ne sono stati costruiti tantissimi”.
C’è anche il capitolo piloti. A un certo punto
“il gioco della domanda e dell’offerta – fa notare l’esperto – ha cominciato a funzionare anche in questo settore”. “C’era abbondanza di piloti, che sono quelli poi che hanno generato la crisi, perché molte compagnie di bandiera sono entrate in difficoltà” rendendo così disponibile “personale altamente qualificato che era stato formato con un grande investimento, in molti casi pubblico”.
Ora però la situazione sta cambiando velocemente e le condizioni che hanno fatto la fortuna delle low cost vengono meno.
“Di piloti formati ce ne sono sempre meno – spiega l’esperto – perché col tempo questo grande investimento pubblico non è stato più fatto. Adesso poi i traffici sono aumentati e c’è anche concorrenza da parte di altri operatori. Piloti di livello non ce ne sono a sufficienza rispetto alla domanda e quindi i prezzi stanno salendo”. Anche “i finanziamenti dai territori diminuiranno”, prevede Pozzi, e quindi si dovrà andare verso un riassetto.
Non solo. Buona parte degli aeroporti sono stati costruiti con finanziamenti pubblici ma in una logica di liberalizzazione completa questo, secondo l’esperto, non ha più senso.
Che il modello dei vettori low cost sia superato, un’altra conferma arriva dagli Stati Uniti. Come scrive Federico Rampini su Repubblica:
“Nel trasporto aereo Usa, le low cost sono state ricacciate in una nicchia (Jet-Blue, Southwest, Alaska airlines). Qui le vecchie compagnie aeree a colpi di fusioni e acquisizioni hanno costruito un oligopolio dove tre giganti dettano legge: United, Delta, American Airlines. Il risultato è meno concorrenza, meno scelta, tariffe più care e servizio scadente. In questo caso la colpa è dei governi che hanno smesso di proteggere il consumatore e hanno indebolito l’ antitrust”.