ROMA (WSI) – Caos totale in Italia, i ministri del Pdl si dimettono, la squadra di governo praticamente non c’è più, ma il premier Enrico Letta resiste e decide di giocare l’ultima carta.
Con le dovute precisazioni: “Non ho intenzione di governare a tutti i costi”, spiega in una intervista a “Che tempo che fa”. Detto questo, riferendosi alle mosse che sono state studiate al Colle, nel colloquio con il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, afferma: “Abbiamo valutato una situazione molto complicata e complessa, abbiamo deciso di andare in Parlamento al più presto”.
“Chiederò la fiducia non per tre giorni per poi ricominciare come prima, ma per andare avanti e applicare il programma. Se non c’è, tiro le conclusioni”.
Dopo solo quattro mesi di governo, l’Italia torna sotto i riflettori del mondo intero. E le poche riforme che fin qui sono state varate rischiano di andare in fumo.
La minaccia di un collasso del governo ha già portato Standard & Poor’s a minacciare un ulteriore downgrade sul debito “di uno o due scalini”, dunque a livello junk, spazzatura, visto che la valutazione attuale è di appena due gradini al di sopra di quella definita, appunto, spazzatura.
Il vaso di Pandora si è scoperchiato del tutto la scorsa settimana, quando l’ex premier Silvio Berlusconi ha parlato di colpo di stato, scatenando l’ira di Giorgio Napolitano “Re Giorgio”, e la reazione immediata di Letta che, parlando da New York per promuovere la stabilità dell’Italia, ha affermato che il paese è stato umiliato.
“I ministri del Pdl hanno posto delle valutazioni e sento che in Parlamento c’è incertezza. Per questo vado in Parlamento a chiarire. Non voglio essere un re Travicello”, ha detto Letta nel corso della trasmissione televisiva.Riguardo alla questione della giustizia, “mi fa sempre sorridere, è come se la giustizia voglia dire parlare di Berlusconi. Questo governo fra le cose fatte ha fatto quella della giustizia civile. Ci siamo già occupati di giustizia che è quella che riguarda i cittadini italiani”.
Intanto, nelle ultime ore, Berlusconi ha definito la stabilità del governo “un bluff”, così come lo era lo spread. Ma a tremare non è solo la poltrona di Letta, ma anche, ironicamente, la stabilità dello stesso Pdl.
Cinque ministri del Pdl, insieme a esponenti come Maurizio Sacconi e Fabrizio Cicchitto, hanno infatti preso le distanze dal diktat arrivato ieri di dimettersi e hanno minacciato di non entrare in una Forza Italia dominata dai falchi: Beatrice Lorenzin e Gaetano Quagliariello hanno detto espressamente di non riconoscersi più “in una destra radicale”.
Dal canto suo Maurizio Lupi, pur affermando di non riconoscersi in un movimento estremista “in mano agli estremisti”, ha chiamato Angelino Alfano dicendo di “mettersi in gioco per una buona e giusta battaglia”.
La grande sorpresa è stata alla fine la decisione dello stesso Alfano di prendere le distanze: “Se prevarranno intendimenti estremistici, il sogno di una nuova Fi non si avvererà. So bene che quelle posizioni sono interpretate da nuovi berlusconiani ma, se sono quelli i nuovi berlusconiani, io sarò diversamente berlusconiano”. E ha chiesto uno “stop ai radicalismi” anche il ministro Nunzia De Girolamo.