Il caro energia mette le ali al prezzo del latte, che rischia di superare il tetto dei 2 euro al litro. A lanciare l’allarme sono i gruppi Granarolo e Lactalis che, a fronte dell’inflazione galoppante, che da 12 mesi colpisce l’agroalimentare italiano e in particolare il settore lattiero caseario, chiedono un intervento pubblico che scongiuri conseguenze ancora più disastrose per le migliaia di imprese che compongono la filiera.
Gli aumenti nella filiera del latte
Oltre al caro energia, i due gruppi, concorrenti sul mercato, condividono la preoccupazione per l’aumento a due cifre che tocca quasi tutte le voci di costo che compongono la filiera del latte: alimentazione animale (aggravata dalla siccità che riduce sia i raccolti degli agricoltori sia la produzione di latte), che ha reso necessario un aumento quasi del 50% del prezzo del latte riconosciuto agli allevatori, packaging (carta e plastica sono in aumento costante da mesi), ulteriori componenti di produzione impiegati nella produzione di latticini. I due gruppi spiegano in una nota congiunta:
“È impensabile che un alimento primario e fondamentale nella dieta italiana possa subire una penalizzazione così forte da comprimerne la disponibilità di consumo. Nonostante entrambe le aziende abbiano assorbito autonomamente un’inflazione che oscilla tra il 25% e il 30%, dalla primavera il prezzo del latte per il consumatore è cresciuto raggiungendo gli 1,75/1,80 Euro/litro (dato Nielsen) e potrebbe aumentare ulteriormente entro dicembre 2022“.
Oggi, però, la preoccupazione maggiore è rappresentata dall’incremento dei costi energetici, che nelle ultime settimane sono aumentati a tal punto da rendere difficile trasferirli sul mercato, in un momento economicamente complesso per le famiglie italiane.
“Per quanto concerne le sole energie, se non avviene un’inversione di rotta, si tratta di un’inflazione del 200% nel 2022 rispetto al 2021 e un rischio di oltre il 100% nel 2023 rispetto al 2022 – ha dichiarato il presidente di Granarolo Gianpiero Calzolari – insostenibile anche da parte di una grande azienda, dal momento che si protrae nel tempo e che se fosse scaricata tal quale sul mercato colpirebbe significativamente i nostri consumatori e avrebbe inevitabili conseguenze sui consumi, con ricadute negative su tutta la filiera”.
Giovanni Pomella, ceo di Lactalis in Italia, aggiunge:
“L’aumento del costo energetico sulla nostra organizzazione ha generato un impatto devastante, che sarebbe stato anche maggiore se non fossimo intervenuti con delle coperture ad hoc. Parliamo di un +220% di spesa registrato nel 2022 rispetto al 2021, e una stima di un +90% nel 2023 rispetto al 2022. Le imprese sono allo stremo, hanno già fatto ben oltre le loro possibilità ed è arrivato il tempo della responsabilità pubblica. In questo drammatico frangente, come imprenditori abbiamo messo da parte le rivalità di mercato e abbiamo unito il nostro appello al mondo politico per ribadire la necessità di intervenire responsabilmente a tutela dell’intera filiera e del consumatore“.