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Carry trade: euro scelto sempre di più come valuta per finanziarsi

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Roma – E’ sulla debolezza dell’euro che si apre la nuova stagione del carry trade. Le aspettative sempre più flebili di un terzo round di quantitative easing negli Stati Uniti e le previsioni secondo cui la Banca centrale europea taglierà i tassi di interesse stanno facendo allargare il club degli investitori che utilizzano l’euro come valuta di finanziamento per queste operazioni.

Si sa d’altronde che gli speculatori si indebitano dove il denaro costa poco per investire dove i tassi sono più elevati o dove si prevede un loro aumento. Adesso lo fanno anche semplici gestori e piccoli investitori.

I trader che mettono in opera tale strategia beneficiano del ribasso dell’euro, in quanto se il valore della valuta Ue scende, possono pagare di meno nel momento in cui devono ripagare i prestiti contratti in euro.

La lenta discesa della moneta unica ha ridato linfa a questa attività, scrive il Financial Times. Secondo la ricostruzione riportata dal quotidiano della City c’è un’unica ragione per spiegare la ripresa di questo fenomeno: in molti sul mercato sono convinti che l’euro sarà la valuta che chiuderà l’anno con il bottino più magro, mentre tutte le altre dovrebbero beneficiare dell’appetito al rischio, inclusi il dollaro australiano e il peso messicano.

L’euro ha aggiornato i suoi minimi, rimettendo indietro le lancette dell’orologio a 16 mesi fa nei confronti del dollaro, quando lunedì è scivolato sotto quota $1,27. In realtà proprio queste operazioni di carry trade lasciano presagire ulteriori flessioni per la moneta unica.

“E’ evidente che è aumentato l’utilizzo dell’euro per finanziare posizioni di trading”, hanno confermato diversi operatori al quotidiano inglese, puntando il dito contro gli hedge fund, i fondi speculativi, rei di shortare, ossia vendere, a mani basse grandi quantità di euro sfruttando il trend ribassista ormai in atto sulla moneta unica.

Le banche di investimento non hanno dubbi: gli investitori a lungo termine fuori dagli Stati Uniti stanno invece iniziando a prendere posizione sull’euro in vista di tassi di interesse più bassi che renderanno più a buon mercato prendere in prestito questa valuta. Questo però potrebbe non salvarlo dal suo destino.

“L’euro è sempre più utilizzato come valuta di finanziamento”, ha ammesso Hans Redeker, analista di Morgan Stanley. Ma c’è anche chi, come lo stratega delle valute di Ubs Shahab Jalinoos, si spinge oltre, segnalando che i mercati potrebbero arrivare a non ritenere “un euro più debole come un fallimento da parte dei politici nella gestione della crisi”. Una valuta dei Dodici più a buon mercato aiuterebbe infatti le esportazioni a riprendere quota. Come dire, volendo parafrasare un detto della saggezza popolare, che non tutti i mali vengono per nuocere.