Società

Casta: conviene più dare soldi ai partiti che a ricerca cancro

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ROMA (WSI) – Dare soldi ai partiti conviene più che donarli alla ricerca sul cancro. E da giorni il terzo settore è in subbuglio. Sul piede di guerra le associazioni impegnate sul fronte dei diritti umani ma anche tra i big istituzionalizzati della solidarietà come Airc, Ail e Telethon serpeggia un crescente imbarazzo nei confronti del governo.

Tutto per via del disegno di legge che abolisce, almeno a parole, il finanziamento pubblico ai partiti. Sul banco degli imputati l’articolo 8 che introduce il finanziamento privato sotto forma di donazioni, con detrazioni del 52% fino a 5mila euro e del 26% fino a 20mila.

Che c’è di male? Nulla, se non si trova ingiusto e surreale che una legge che doveva arginare il vento della antipolitica regali ai partiti vantaggi fiscali fino a 12 volte superiori rispetto a quelli concessi a chi sostiene un’opera benefica, l’ambiente o la ricerca contro il cancro.

Sì, perché nelle donazioni a qualsiasi associazione o onlus la detrazione è già in partenza del 26%, ma fino a un tetto di 2.065 euro. Oltre questa cifra, niente detrazioni.

In soldoni 20mila euro messi sul partito valgono detrazioni fino a 6.500 euro, donati all’associazione impegnata nella lotta contro una malattia rara solo 542 euro. Una differenza che, in tempo di crisi, mette gli inquilini del Parlamento in netta posizione di vantaggio e le associazioni in seconda fila, uno “sgambetto” che sembra dare ai politici una sorta di prelazione rispetto ai malati. Ecco perché dal terzo settore si levano reazioni stupite, perplesse e sdegnate. Con molti imbarazzi a sinistra.

LE REAZIONI: DAI MALATI DI HIV A GREENPEACE, EMERGENCY, AMNESTY

Durissima la reazione di alcune realtà che operano direttamente sul campo, a contatto con i malati. Rosaria Iardino, fondatrice e presidente del Network Italiano infettati da Hiv, consigliere Pd di Arese, membro della Consulta del Partito Democratico per i diritti: “Una cosa ripugnante che mai mi sarei aspettata da Letta e da un partito di sinistra. Spalanca le porte al finanziamento della politica da parte delle lobby ma soprattutto mette sullo stesso piano, anzi su un piano superiore per convenienza, la donazione al partito e quella a soggetti che fanno ricerca, sostengono il sociale, l’ambiente. Non so che dire, se non che ci sarà una rivolta nella parte sana del terzo settore che difende il bene comune”.

Stupore, rabbia, sdegno nelle grandi associazioni che rappresentano anche un riferimento di impegno civile per la sinistra, Emergency, Greenpeace, Amnesty. “A questo punto converrebbe fare un partito, peccato che non lo faremo mai”, dice Giuseppe Onufrio, presidente di Greenpeace. “Abbiamo 64mila sostenitori che versano contributi volontari con una media di 90 euro l’anno. Certo se gli offri il doppio dei vantaggi fiscali, in tempo di crisi, qualcuno potrebbe pensarci e per noi sarebbe un guaio”.

Questione di principio ma anche di equità. “La legge doveva abolire il contributo pubblico e introdurre quello privato, ma ci si aspetterebbe un’ottica al massimo di competizione a pari condizioni, non dello sconto dei partiti a se stessi per garantirsi fondi”. E non è certo l’unico a pensarla così. Perplesso anche il vicepresidente di Emergency Alessandro Bertani: “L’80% dei nostri fondi, in tutto circa 28-30 milioni di euro l’anno, arriva dalle donazioni dei privati” e tuttavia Bertani si dice convinto che “i cittadini hanno piena consapevolezza del contributo offerto al mondo dai partiti e quello delle associazioni. Al momento della donazione non avranno dubbi”.

Confida in questo anche Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International: “A prima vista sembra un’invasione di campo bella e buona. Speriamo che non si risolva in una concorrenza sleale dei partiti al nostro mondo che ha già canali stretti per sostenere le proprie missioni”.

L’IMBARAZZO TRA I BIG: AIRC, AIL, FAI E TELETHON, TUTTI A BOCCA APERTA

Le realtà più istituzionalizzate si tengono lontane dalla polemica ma non celano un significativo imbarazzo. L’Associazione Italiana per la ricerca contro il cancro, Airc, fa sapere che “la presidenza non intende commentare quanto apparso sui giornali fino a quando il testo non sarà definitivo”.

Perplessità anche nel quartier generale di Telethon, la fondazione che finanzia la ricerca contro le malattie genetiche e che solo nel 2012 ha investito in progetti 31,3 milioni, faticosamente raccolti.

“Non vogliamo entrare nella polemica verso i partiti – dice il portavoce Marco Piazza – quello che ci sentiamo di dire è che da sempre ci battiamo perché gli enti non profit possano godere di un regime di agevolazioni fiscali più conveniente. Negli anni sono stati fatti passi avanti ma siamo molto indietro nei confronti del resto d’Europa. Eppure il non profit sostituisce lo Stato in molte attività che non vengono erogate sotto forma di ricerca scientifica e assistenza. Certo vorremmo che il nostro sistema fosse più omogeneo a quello di altri Paesi e questa scelta forse non va nella direzione auspicata. Confidiamo che l’incaglio possa essere superato per portare a un progresso per tutti”.

Anche dalle parti del Fai non l’hanno presa bene, ma misurano le parole. “Mi sembra bizzarro mettere in competizione partiti e associazioni”, dice il direttore generale del Fondo Ambiente Italiano, Angelo Maramai. “E’ come decidere di fare una corsa tra cavalli ma dare al fantino della politica un Varenne. Anche perché i partiti si definiscono associazioni politiche di interesse sociale. E allora perché riservare a chi li sostiene il doppio dei vantaggi fiscali e contributivi?”.

Il presidente dell’Ail, Associazione italiana contro le Leucemie, Franco Mandelli, si dice “molto stupito, anche un po’ deluso. Noi il 5 per mille dobbiamo farcelo approvare di anno in anno, il 2 per mille a favore dei partiti che accompagna questa misura scommetto che diventerà legge in un baleno. Mentre il differenziale tra sgravi sulle donazioni è preoccupante, rischia di tradursi in un togliere ai malati per dare ai partiti. Sarebbe un abominio”.

Presentando il testo appena approvato il presidente del Consiglio Enrico Letta ha auspicato che il Parlamento lo ratifichi in fretta, con qualche minimo aggiustamento. “Da questo dipende la credibilità dei partiti”, ha detto. Ma la strada imboccata per cercarla, a conti fatti, sembra tutta in salita.

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