ROMA (WSI) – In Italia va di male in peggio. Con un voto di fiducia al governo che è atteso in Parlamento per verificare la stabilità dell’esecutivo, il Ceo della maggiore banca del paese, Enrico Cucchiani di Intesa SanPaolo, ha annunciato le dimissioni con effetto immediato.
Cucchiani, che caduto vittima di lacerazioni interne ha perduto la fiducia dei soci azionisti nonostante il prezzo del titolo sia ai massimi di due anni, lascerà il posto a Carlo Messina.
L’obiettivo del programma di Stabilità di governo punta a un avanzo primario di bilancio del 5%-6% e un rapporto nominale tra Pil e deficit del 3%. Nel contesto di una crisi di governo, entrambi i target vengono visti come “irrealistici” dall’analista di JP Morgan, Michael Cembalest.
Negli Anni 90 l’Italia viaggiava con un surplus del 6% ma non è durato a lungo, essendo più che altro l’effetto di una svalutazione precedente che ha contribuito ad alimentare la crescita, le vendite di alcuni beni e l’incremento delle tasse.
Solo la svendita di società a controllo statale e di beni immobiliari sembrano misure fattibili al momento.
Se le preoccupazioni di Cembalest sono giustificate, Roma resterà un paese con circa due volte il rapporto tra debito e Pil rispetto a Washington. A differenza degli Usa, in Italia vi è una forte interdipendenza tra governo e banche, una crescita anemica, una disoccupazione galoppante e la Bce che esercita la sua influenza.
Lo strategist potrebbe avere ragione: guardando ai dati storici, si scopre che negli ultimi anni (l’arco preso in esame è di sette cicli di 12 mesi) il Pil ha registrato la contrazione maggiore dai tempi dell’Unità d’Italia, nel 1861.