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Certificates Room: redditi di capitale, diversi e ottimizzazione fiscale con i certificati

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Tra le caratteristiche e punti di forza principali dei certificati troviamo anche l’efficienza fiscale.

di Michele Fanigliulo

In questo articolo riprendiamo la puntata di Certificates Room andata in onda il 19 marzo per approfondire questo aspetto. Ricordiamo che l’ospite della puntata, che potete rivedere al link (https://www.wallstreetitalia.com/certificates-room-ottimizzazione-fiscale-di-un-portafoglio-tramite-certificati/), è stato Giovanni Cuniberti, docente universitario e responsabile della consulenza fee only per Gamma Capital Markets.

Negli ultimi tempi si è assistito ad un graduale incremento della tassazione sulle rendite finanziarie. Gli strumenti finanziari generano tipicamente due tipologie di reddito: redditi di capitale e redditi diversi. I redditi di capitale derivano direttamente dall’impiego di capitale e dipendono da eventi certi. Per esempio, le cedole, i dividendi. I redditi diversi derivano invece dal realizzo, all’atto della vendita di uno strumento finanziario, di differenze positive (plusvalenze) o negative (minusvalenze) rispetto al prezzo d’acquisto. I primi possono avere solo valori positivi, i secondi possono configurarsi sia come guadagni (capital gain), sia come perdite (capital loss).

I redditi di capitale sono tassati direttamente alla fonte e in maniera autonoma, senza possibilità di compensare eventuali guadagni con perdite pregresse. Questo è un elemento importante perché in alcuni casi è fonte di inefficienze per alcuni strumenti.

I certificati sono gli strumenti più efficienti da un punto di vista fiscale

I certificati sono strumenti con un’efficienza fiscale unica e stanno diventando sempre più un tema centrale nella gestione del portafoglio degli investitori.
Il tema della fiscalità è importante perché i certificati sono uno dei pochi strumenti che unisce la componente di compensazione fiscale ad un flusso cedolare che ricorda il mercato obbligazionario. Ovviamente non bisogna fare l’errore di confondere il certificato con un’obbligazione, perché il certificato ha dei rischi maggiori.
Ma se utilizzati con cura possono portare delle efficienze straordinarie. I certificati permettono di compensare le minus valenze come da normativa dell’articolo 67, comma 1 del TUIR, proprio perché vengono considerati un flusso cedolare da reddito diverso e non da capitale.

Come mostrato dalla tabella sopra, l’aliquota per i principali strumenti finanziari è del 26% eccetto che per le obbligazioni governative. Per quanto riguarda la natura finanziaria della plusvalenza, ricordiamo che per i redditi da capitale, l’utile viene tassato indipendentemente dal fatto che ci siano minusvalenze in portafoglio. Se io guadagno 100, questo 100 sarà immediatamente sottoposto ad una tassazione del 26%, ovvero 26 euro. Questo avviene per strumenti come fondi e ETF oppure per strumenti come le cedole delle obbligazioni o i dividendi delle azioni. Questo tipo di utile non può essere compensato con nessuna minusvalenza pregressa. Ciò non vale per i certificati che possono compensare le plusvalenze con le minusvalenze. Quindi, il flusso cedolare di fondi, azioni e obbligazioni non è compensabile con minusvalenze provenienti dai redditi diversi, mentre è possibile compensare gli utili delle cedole dei certificati qualsiasi minusvalenza pregressa.

Invece, se guardiamo la natura della minusvalenza, abbiamo delle sorprese perché fondi, ETF, obbligazioni e azioni possono generare minusvalenze compensabili con le plusvalenze. Ma qui ci sono delle regole da conoscere. Nel momento in cui si genera una minusvalenza con fondi o ETF, questa non può essere compensata con altro reddito di capitale, ma solo con altro reddito diverso. Quindi se ho in portafoglio solo fondi, non riuscirò mai a compensare le minusvalenze.
Se invece ho fondi ed ETF che si combinano con redditi diversi, come plusvalenze di obbligazioni o azioni o cedole da certificati questa plusvalenza può essere compensata. Tutto quello che è generato come minusvalenza da qualunque tipo di strumento può essere compensato da plusvalenza di obbligazioni, azioni e dal flusso cedolare dei certificati. Da un punto fiscale dunque è inefficiente avere un portafoglio al 100% composto da fondi o ETF.

Le minusvalenze registrate sono quantificate in diminuzione delle plusvalenze realizzate nelle operazioni successive che avvengono nello stesso rapporto, nello stesso periodo di imposta e nei successivi 4 anni, permettendone non solo la compensazione ma anche la loro posticipazione nel futuro. Al termine dei 4 anni previsti, se le minusvalenze non sono ancora state compensate, vengono perse inevitabilmente.
Quanto appena affermato conferma la recente tendenza a costruire Certificati in grado di offrire un elevato rendimento potenziale nel brevissimo termine (come per esempio i Cash Collect Maxi Cedola), alimentando l’emissione di strumenti che garantiscano elevati proventi entro la fine dell’anno, termine utile per concretizzare la compensazione.

La compensazione può avvenire principalmente in due modi e dipende dal comportamento dell’intermediario. Il primo caso si verifica quando il certificato genera una plusvalenza da cedola e questa va a compensare la minusvalenza nello zainetto fiscale e quindi viene accreditata in maniera lorda sul conto corrente. Se non ci sono minusvalenze viene accreditata in maniera netta.

La situazione più complessa avviene nel momento in cui l’intermediario rinvia la tassazione dei proventi ad un periodo futuro o addirittura a scadenza del certificato. È un caso molto raro ma è bene conoscerlo. In tal caso io ho l’accredito della cedola lorda e questa viene verificata con lo zainetto fiscale solo dopo un tot di tempo. È importante sempre per il consulente assicurarsi quale interpretazione l’intermediario dà del tema fiscale poiché potrebbe inficiare una strategia elaborata con il cliente per cercare di aggiustare il suo portafoglio di minusvalenze.

Un tema importante riguarda i certificati a capitale garantito che sono spesso considerati uguali identici ad un’obbligazione dagli intermediari. Questo implica una non compensazione della minusvalenza a tal punto da portarli ad essere assimilabili con un’obbligazione e perdere il vantaggio fiscale del certificato. Anche in questo caso bisogna interfacciarsi con l’intermediario per capire come interpreta la questione.

Un caso pratico: i maxi cedola

Molti consulenti usano il tema del certificato non tanto per generare un utile ma per posticipare di 4 anni una minusvalenza in scadenza. Ottimi a tal fine sono i maxi cedola che hanno la prima cedola particolarmente importante e che spesso è garantita. Questo proprio perché sono strumenti pensati per la compensazione con minusvalenze precedentemente realizzate.

Nell’immagine seguente riportiamo un esempio.

In questo caso reale, il certificato emesso nel 2017 forniva ad agosto dello stesso anno una cedola del 25% nel caso in cui i sottostanti del basket non fossero scesi per più del 90% del loro strike. Di fatto la prima cedola era garantita. Quindi, ipotizzando si aver investito 100, il 7 agosto 2017 l’investitore avrebbe incassato una cedola di 25. Cedola che posso usare a compensazione di eventuali minusvalenze pregresse. Ipotizzando di avere 30 di minusvalenza, 25 vengono compensate e me ne rimangono in portafoglio solo 5.
Però attenzione. Se compro il prodotto solo per posticipare la minusvalenza, quindi vendendo il certificato subito dopo l’incasso della cedola, non posso dire di aver avuto un utile del 25%, poiché vendendo dopo lo stacco della cedola avrà una perdita in conto capitale del 25% sul certificato. Il prezzo del prodotto infatti sarà sceso da 100 a 25 euro. Quindi io ho ottenuto la compensazione dal punto di vista del flusso cedolare (fiscale) ma poi ho una perdita uguale alla cedola dal punto di vista di conto capitale. Ecco perché si dice che questi strumenti servono a posticipare (fino a quattro anni) la minusvalenza ma non, nel breve periodo, a generare un utile. Discorso diverso ovviamente è se porto a scadenza il prodotto. In tal caso avrò portato a casa la cedola, avrò compensato la plusvalenza con la minusvalenza. Ma mi prenderò poi il rischio a scadenza legato all’eventuale evento barriera. Solitamente i consulenti usano questo prodotto ai fini fiscali per posticipare le minusvalenze dei clienti.