Economia

Chip in crisi, quanto pesa la guerra Hamas-Israele

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Se sulle cartine di tutto il mondo Israele è uno stato minuscolo, quasi invisibile, dal punto di vista tecnologico è invece uno dei più importanti al mondo. Il paese ha un’enorme influenza sull’industria globale di chip, vista la presenza di moltissime aziende internazionali che operano in questo campo e un terreno fertile per le startup di semiconduttori.

Come Intel, presente da quasi 50 anni e che mantiene una rete di strutture di progettazione e produzione in tutto il paese. Ma anche Nvidia, il più grande produttore di chip utilizzati per i sistemi di intelligenza artificiale. Amazon e Microsoft hanno importanti centri di progettazione di chip nel paese, mentre Apple progetta in Israele parte del silicio utilizzato per creare i propri prodotti.

Si può quindi immaginare che lo scoppio della guerra tra Israele e Hamas, che ha provocato la morte di centinaia di persone nella prima settimana, ha messo e sta mettendo a dura prova la catena di fornitura dei chip, fortemente colpita già ai tempi della pandemia e con la guerra in Ucraina.

La produzione di chip nel paese

Il settore tecnologico israeliano ha visto un’importante crescita a partire dal 1974, quando Intel stabilì la sua presenza nel paese con l’hub tecnologico nella città di Haifa, ancora oggi uno dei centri più importanti. Il loro lavoro nel paese include l’intelligenza artificiale, lavori per la sicurezza informatica e la produzione di auto a guida autonoma.

A giugno il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha dichiarato che Intel intendeva spendere 25 miliardi di dollari (23,6 miliardi di euro) per un nuovo stabilimento nella città meridionale di Kiryat Gat, a circa 42 km da Gaza. L’apertura, prevista per il 2027, è stata definita dal premier israeliano il più grande investimento internazionale mai effettuato nel Paese, che potrebbe dare lavoro a migliaia di persone e che si aggiungerebbe agli impianti di chip e ai centri di progettazione già presenti sul territorio.

Stando a quanto afferma l’azienda, sono 11.700 le persone impiegate nei centri israeliani, producendo esportazioni per circa 3,6 miliardi di dollari (nel 2018). che rappresentano il 7,5% delle esportazioni hi-tech in Israele.

Nel paese sono quattro gli hub di Intel:

  • Intel Haifa: dove si sviluppano hardware e software per processori e intelligenza artificiale.
  • Intel Petah Tikvah: centro di sviluppo per soluzioni di comunicazione e anche qui intelligenza artificiale.
  • Intel Gerusalemme: centro di sviluppo di auto a guida autonoma, per soluzioni di comunicazione e sicurezza informatica.
  • Intel Kiryat Gat: lo stabilimento di produzione più avanzato di Intel, attualmente in costruzione.

La crescita tecnologica di Israele negli ultimi anni

Gli anni Novanta hanno rappresentato un punto di svolta per il paese, con l’emergere di un solido ecosistema di startup. Questa trasformazione ha portato Israele a diventare rapidamente un punto di riferimento globale per l’industria tecnologica, diventando il secondo centro tecnologico più grande al mondo dopo la Silicon Valley, con migliaia di aziende operanti sul territorio.

In particolare, Tel Aviv ha guidato l’innovazione globale nel campo della sicurezza informatica e dell’intelligenza artificiale. Le aziende ad alta tecnologia sono state il settore in più rapida crescita in Israele per decenni e hanno sostenuto la crescita economica locale, contribuendo al 14% dei posti di lavoro, secondo Reuters, e a quasi un quinto del prodotto interno lordo. Attualmente, circa cinquecento multinazionali operano nel paese, spesso istituendo centri di ricerca e sviluppo dopo aver acquisito startup israeliane. Tra queste aziende figurano giganti come Intel, IBM, Apple, Microsoft, Google e Meta, tutti con una presenza significativa nell’area.

Tuttavia, recentemente il settore ha subito pressioni dai mercati, con un netto calo delle azioni delle società con esposizione commerciale in Israele, dovuto al conflitto in corso. Queste società includono Mobileye Global, un’azienda di veicoli autonomi quotata negli Stati Uniti e controllata da Intel, nonché la società israeliana con la più alta capitalizzazione di mercato, come il produttore di chip Tower Semiconductor e la società di cybersecurity Check Point Security.

In una nota, Intel ha dichiarato che il gruppo

sta monitorando attentamente la situazione in Israele e sta prendendo provvedimenti per salvaguardare e sostenere i nostri lavoratori. Attualmente, le nostre operazioni continuano e non vi è alcun impatto sugli impegni con i clienti.

Tra le persone rapite da Hamas anche un ingegnere di Nvidia

Il conflitto ha già avuto un impatto terrificante. Tra gli israeliani rapiti dai combattenti di Hamas c’è Avinatan Or, un ingegnere di Nvidia. I video pubblicati online mostrano che Or e la sua ragazza Noa Argamani vengono portati via contro la loro volontà da un festival musicale che è stato attaccato durante il fine settimana. Nvidia, che ha annullato una conferenza sull’intelligenza artificiale prevista per il 15 ottobre a Tel Aviv, ha confermato il rapimento.

La ritirata delle compagnie tech nel 2023

Nel 2023, il settore tecnologico israeliano ha già sperimentato un significativo rallentamento dovuto a tensioni interne nel paese. Questo rallentamento è stato innescato dalle tensioni tra le aziende tecnologiche e il nuovo governo guidato dal primo ministro Benjamin Netanyahu, il quale ha proposto una riforma del sistema giudiziario che limiterebbe la capacità della magistratura di influenzare le decisioni del governo.

In risposta a queste tensioni, diverse aziende tecnologiche hanno dichiarato di aver spostato i loro fondi al di fuori di Israele. Inoltre, l’ingresso di nuovi capitali dall’estero ha subito un brusco calo. Molte startup israeliane hanno preso la decisione di trasferirsi negli Stati Uniti, e figure di spicco dell’industria tecnologica hanno espresso preoccupazione riguardo a un possibile contraccolpo.

C’è il timore che gli investitori stranieri possano ritirarsi dal paese. Un sondaggio della Start-Up Nation Central, un’organizzazione no-profit che promuove la tecnologia israeliana all’estero, ha mostrato che quasi il 70% delle startup israeliane si stanno adoperando per allontanarsi dal proprio paese, ritirando denaro o spostando la propria sede legale.