Una mostra a Parigi celebra l’eclettico e coloratissimo universo del designer francese
A cura di Margherita Calabi
Christian Louboutin, l’indiscusso mago delle suole rosse, celebra oltre trent’anni di carriera con una mostra nella Ville Lumière.Non c’è simbolo di seduzione più forte o più riconosciuto delle sue iconiche décolleté, emblema d’eleganza, sensualità e dell’essere parisienne. L’esibizione, dal 26 febbraio al 26 luglio 2020 al Palais de la Porte Dorée, è un invito a scoprire lo sfaccettato, eclettico e coloratissimo universo del designer francese.
Christian Louboutin
Il titolo della mostra al Palais de la Porte Dorée – ‘Christian Louboutin L’Exhibition[niste]’ – è un fantastico gioco di parole. Si definirebbe un esibizionista?
“Il nome di questa mostra gioca sul termine inglese ‘exhibition’, che significa sia mostrare, esporre qualcosa, che ‘mettersi in mostra’. Entrambi i concetti sono molto simili, ma in questo caso vi è una nozione più profonda: esponendo i miei lavori, rivelo una parte più intima di me stesso. Ho investito molto su questo progetto, sia professionalmente che personalmente. In questa mostra svelo le mie ispirazioni, il mio processo creativo, la mia persona e volevo che il suo titolo esprimesse tutto ciò”.
Un vero e proprio invito a scoprire il suo universo creativo. C’è una calzatura a cui è particolarmente legato?
“Ogni scarpa in questa mostra è stata scelta per il suo significato e per la sua storia. I modelli Nude trasmettono il messaggio di inclusività e diversità, la capsule collection dedicata al Bhutan è un tributo allo straordinario lavoro dei suoi artigiani, ci sono poi le creazioni realizzate per la ballerina di burlesque Dita Von Teese e per artisti come Prince e Tina Turner. Vi è qualche pezzo speciale che è stato disegnato per l’occasione da me stesso o da persone che mi sono molto vicine, come l’artista pakistano Imran Qureshi e il mio amico greco Konstantin Kakanias”.
Una creazione in vetro temperato realizzata in collaborazione con gli artigiani de La Maison du Vitrail
Le sue creazioni sono esposte insieme a collaborazioni esclusive, per l’appunto, realizzate con artisti tra cui il regista David Lynch e la coreografa spagnola Blanca Li. Come è nata questa idea?
“Non ho coinvolto solo artisti, ma anche artigiani con un savoir-faire eccezionale [come quelli che lavorano nella Maison du Vitrail a Parigi, ndr]. Persone che hanno avuto uno ruolo importante nel mio processo creativo, fin dall’inizio della mia carriera. Invitarli a far parte di questa mostra è stato un modo per dimostrare il grande rispetto che ho per loro”.
La sua creatività è alimentata dalla sua passione per i viaggi, la cultura pop, il teatro, la danza, la letteratura e il cinema. Di cosa è composto l’universo di Christian Louboutin?
“Alcune persone amano definirlo ‘eclettico’. Sono d’accordo se con questo fanno riferimento ad una moltitudine di influenze, culture ed epoche diverse. Non ho una fonte d’ispirazione unica, l’ispirazione può arrivare in qualsiasi momento sotto qualsiasi forma: si può trovare nel dettaglio di un pezzo d’arredamento, in una conversazione, in un souvenir, nel modo di camminare di una donna, in una canzone…”.
Olivier Gabet, direttore del Musée des Arts Décoratifs, e Christian Louboutin alla Maison du Vitrail
È nato nel 12 arrondisement di Parigi, vicino al Palais de la Porte Dorée. Questa istituzione, con il suo repertorio di illustrazioni, ha ispirato i suoi primi disegni. Cosa rappresenta per lei questo edificio?
“È un luogo che mi è molto caro. Era normale, per un bambino cresciuto nel vicinato, visitare il Palais de la Porte Dorée e il suo acquario tropicale. Ho cominciato così a esplorare questo luogo, che è anche la casa del Musée des Arts Africains et Océanies. È stato l’inizio di infiniti viaggi immaginari, che mi hanno permesso di attraversare i continenti e scoprire terre lontane e tribù sconosciute. Questa istituzione è stata la mia prima finestra sul mondo, un luogo fondamentale per la mia educazione artistica: qui è nato il mio grande interesse per gli oggetti e per le culture di tutto il mondo”.
Un cartello al Palais de la Porte Dorée, che vietava ai visitatori di indossare tacchi a spillo, ha ispirato la sua iconica décolleté Pigalle. È così?
“Ogni volta che visitavo il palazzo vedevo quel cartello. Erano gli anni ’70 e non avevo mai visto uno stiletto prima d’ora. Ai tempi le punte dei tacchi erano realizzate in metallo e rischiavano di graffiare i preziosi parquet del palazzo e di scheggiare lo smalto dei mosaici. Questo disegno mi ha intrigato molto, sembrava lo schizzo di una calzatura immaginaria… Ho cominciato a disegnare le mie creazioni con questo in mente. Così è nato il modello Pigalle, una décolleté che, stagione dopo stagione, reinterpreto in colori e tessuti diversi”.
Olivier Gabet, direttore del Musée des Arts Décoratifs, ha curato questa mostra. Come è stato lavorare insieme a lui? “Il Palais de la Porte Dorée ha commissionato a Gabet questo progetto. Ci siamo capiti subito, ci unisce la stessa passione per le arti decorative. Lo conoscevo per la sua reputazione, è stato molto facile stabilire un dialogo con lui: Gabet è una persona aperta, colta, sa creare perfette connessioni tra mondi diversi come la moda, l’architettura e il teatro”.
Lo schizzo della calzatura LOVE
Nel 1992, mentre lavorava su un prototipo, ha preso lo smalto della sua assistente e ha dipinto la suola di rosso: così è nato il suo iconico trademark. Come descriverebbe questo colpo di genio?
“Un ‘incidente’ fortunato. Avevamo appena ricevuto gli ultimi prototipi in fabbrica. Ero soddisfatto, ma le calzature sembravano più pesanti degli schizzi che avevo davanti a me. Sulla suola era presente una massa nera che non compariva nei miei disegni: ho preso lo smalto della mia assistente e l’ho pitturata di rosso per metterla in evidenza”.
Questa mostra è una testimonianza di 30 anni di lavoro. Come definirebbe la sua carriera?
“Sono stato molto fortunato. Non è successo tutto per magia, ho sempre lavorato moltissimo e con grande passione. Rimanere indipendente come marchio per oltre 30 anni è sempre stato essenziale per me. La libertà porta la felicità e mantiene vivo l’entusiasmo”.
L’articolo integrale è stato pubblicato sul numero di febbraio del magazine Wall Street Italia.