È un paradosso: la Cina, nemico storico degli Usa sul piano economico, tecnologico e commerciale, che prende spunto dalle ricette di Donald Trump. Ma è quello che a grandi linee sta accadendo. Le misure espansive annunciate dal governo di Pechino, fatte di tagli delle tasse ingenti e maxi investimenti nelle infrastrutture, sono volte a rilanciare l’economia che sta rallentando.
Le stime sono state abbassate ieri al 6-6,5% dal 6,5%, mandando un segnale di allarme per la Cina. È il valore più basso dal +3,9% di variazione registrato 30 anni fa. Allora a pesare furono le sanzioni imposte dalla comunità internazionale dopo la repressione violenta delle autorità durante proteste di piazza Tiananmen. Secondo Capital Economics il Pil potrebbe anche frenare fino al +2%.
Il governo della Cina era obbligato a intervenire e il suo pacchetto di stimoli da 300 miliardi di dollari circa è piaciuto al mercato. Secondo John Woods, chief investment officer della regione Asia Pacifico per Credit Suisse, assisteremo a un’accelerazione di un altro 10% della Borsa di Shanghai. Oggi l’azionario cinese guadagna più dell’1%. I settori domestici saranno i maggiori beneficiari del programma governativo, ma anche le economie della regione potrebbero trarne giovamento, dice Woods alla CNBC.