ROMA (WSI) – Cina e Fed: i loro cambiamenti stanno condizionando il mondo intero degli asset sui mercati e a livello di economia reale.
Il Bloomberg Commodity Index, che è composto da un pacchetto diversificato di contratti futures su 22 materie prime, è tornato ai livelli in cui si trovava un anno dopo la sua nascita, nel 1999. Ed è un po’ come se il 21esimo secolo, per le commodities, non abbia mai avuto luogo.
Secondo Andrew Lapping, vice responsabile di Allan Gray Invesments la condizione per la quale “1,3 miliardi di persone si stanno industrializzando” non può continuare all’infinito: ovviamente si riferisce all’impressionante avanzata cinese.
E se il rallentamento della Cina ha piantato il primo chiodo sulla bara della chiusura del “commodity super cycle”, la Fed sta per martellarci sopra il secondo. Il rialzo dei tassi, atteso dalla maggioranza degli operatori per il prossimo mese, non farà che aumentare le pressioni sulle materie prime: essendo quest’ultime prevalentemente scambiate in dollari, una rivalutazione del biglietto verde ridurrà di per sé il loro prezzo e spingerà gli investitori a virare su altre attività finanziare da esse slegate.
Con la domanda record di materie prime sperimentata lungo il corso degli anni Duemila, le principali società produttrici, quali Total SA, Rio Tinto Group e Anglo American Plc, hanno investito ingenti risorse a lungo termine in questo settore ponendo così le basi per l’attuale eccesso di offerta che vediamo oggi.
Fra tutte le commodity più inflazionate c’è sicuramente il petrolio. Secondo quanto comunicato dall’International Energy Agency, gli stock di greggio accumulati arrivano a 3 miliardi di barili. Si tratta anche di un effetto collaterale della strategia dei paesi Opec che, nel tentativo di mantenere le proprie quote di mercato, hanno prodotto quantitativi superiori ai target di 30 milioni di barili al giorno, al fine di tagliare fuori la concorrenza penalizzata da maggiori costi di estrazione e raffinazione.
Un rafforzamento del dollaro, come abbiamo ricordato, renderà ancora più complicato assorbire questi eccessi. Con queste premesse, quindi, è ancora presto per capire se la discesa delle materie prime ha davvero raggiunto il fondo, oppure no.
Fonte: Bloomberg