(Teleborsa) – Le prime della classe tornano a scontrarsi. Cina e Giappone, in contesa per il secondo posto nella classifica di maggiore economia al mondo, negli ultimi tempi non riescono proprio ad andare d’amore e d’accordo, alterando la situazione geopolitica asiatica già piuttosto difficile. Questa volta la disputa riguarda lo sfruttamento di giacimenti di gas in alcune isole del mar della Cina orientale, chiamate Diaoyu o Senkaku dai giapponesi. A far scoccare la scintilla della crisi diplomatica è stato l’arresto del capitano di un peschereccio cinese, dopo la collisione con due motovedette della Guardia costiera giapponese in pattuglia al largo delle isole controllate da Tokyo e rivendicate anche da Taiwan. Il braccio di ferro tra i due giganti asiatici, che vede come arbitro l’America, nasconde ragioni economiche piuttosto rilevanti, visto che gli isolotti in questione sarebbero ricchi di depositi sommersi di petrolio e idrocarburi e che le due nazioni sono sempre più affamate di materie prime per sostenere la crescita economica. La prossima settimana il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, cercherà di smorzare la tensione tra le due nazioni, incontrando separatamente il premier cinese Wen Jiabao e il premier giapponese Naoto Kan, anche se i toni tra i musi gialli e gli occhi a mandorla non sembrano promettere niente di buono. Intanto il Dragone continua la sua escalation sul Sol Levante: il Fondo Monetario Internazionale sarebbe pronto a incrementare la quota di partecipazione della Cina portandola ai livelli di quella del Giappone già a partire dal prossimo anno.