Roma – La scelta di Pechino di mantenere uno yuan deprezzato ha contribuito ad isolare l’economia dall’impatto della crisi economica, ma ora la seconda più grande economia del mondo deve fare i conti con un’inflazione fuori controllo. Sono le parole proferite a Bretton Woods dall’investitore miliardario George Soros, secondo quanto riporta Bloomberg in un articolo.
“L’apprezzamento della valuta aiuterebbe l’economia a controllare la crescita dei prezzi, ma le autorità hanno perso l’opportunità. La situazione ai livelli attuali potrebbe indicare un’inflazione fuori controllo”, ha detto Soros.
L’apprezzamento dello yuan cinese contro il dollaro americano è stato di appena il 4,6% negli ultimi 2 anni, la seconda peggior valuta della regione Asia, secondo i dati in possesso da Bloomberg. L’inflazione a marzo è stata del 5,2% e ha superato per 9 mesi di fila il target stabilito dalla banca centrale cinese.
Nei dati rilasciati in giornata un’altra notizia interessante dalla Cina: il primo deficit trimestrale nella bilancia commerciale da 7 anni, con un disavanzo di $1,02 miliardi, secondo i dati del General Administration Customs. Le esportazioni sono cresciute del 26,5% ($399,64 miliardi), contro una crescita delle importazioni del 32,6% ($400,66 miliardi). Analizzando i singoli mesi, si nota come il dato sia largamente influenzato da febbraio (-$7,3 miliardi), nonostante i valori positivi di gennaio ($6,46 miliardi) e marzo ($0,14 miliardi).
L’ultimo dato trimestrale in rosso risaliva al periodo gennaio-marzo del 2004, con ben $8 miliardi di disavanzo. Ma gli analisti avvertono che l’andamento non sarà duraturo, visto che le misure di stretta monetaria per combattere l’inflazione dovrebbero ridurre le importazioni.
Secondo Zhang Yansheng, director dell’Institute for International Economics Research cinese, i dati mostrano quanto fatto dal governo per promuovere le importazioni e sono il frutto dell’aumento dei prezzi nelle varie commodities importate, come il petrolio. “Una crescita minore delle esportazioni, dovuta dall’aumento del costo del lavoro e della terra e dei prezzi del petrolio, insieme all’apprezzamento della valuta, hanno contribuito a questi dati (deficit)”.