Non solo il caso Evergrande, la Cina è alle prese con una crisi energetica, causata da scarse forniture di carbone e standard di emissioni più rigidi, che rischia di compromettere la ripresa del gigante asiatico. Secondo Bloomberg Intelligence, almeno 17 province e regioni, pari al 66% del Pil, hanno annunciato forme di interruzione di energia, soprattutto nell’industria pesante.
Risultato finale: Pechino chiede ai cittadini e alle aziende di risparmiare e di avere pazienza davanti ai tagli improvvisi di corrente. Prendendo atto della situazione, Goldman Sachs ha tagliato le stime della Cina sul Pil 2021 dall’8,2% al 7,8%, col 2022 al 5,5%. Downgrade anche per il Pil del terzo trimestre, previsto invariato su base trimestrale, rispetto al precedente aumento dell’1,3% atteso.
Crisi energetica, cosa c’è dietro
La crisi energetica cinese che è frutto di una serie di cause concomitanti: controlli ambientali più rigidi, vincoli di approvvigionamento e impennata dei prezzi.
Il presidente cinese Xi Jinping ha appena dichiarato all’Assemblea generale delle Nazioni Unite che la Cina non costruirà più centrali elettriche alimentate a carbone. L’obiettivo finale del Paese è raggiungere la neutralità carbonica entro il 2060. Tutti fattori che hanno costretto le industrie di tutto il Paese a tagliare la produzione e ha lasciato diverse province in difficoltà nel garantire elettricità e riscaldamento ai residenti.
Finita dunque l’era dei consumi energetici illimitati, le imprese si trovano a pagare un conto salato. Come si legge sul Sole 24 Ore, riportando le dichiarazioni di alcuni imprenditori dell’area di Suzhou, tra le più avanzate della Cina:”I tagli arrivano quando meno te l’aspetti e non riesci a organizzare più la produzione, i turni, gli inventari. Arrivano anche limiti di utilizzo sui 40 chilowattori assolutamente inadeguati a garantire la normale attività delle aziende”.
Per alcuni analisti, il rischio è la crisi energetica della Cina possa ora avere conseguenze a livello globale. Ne sono convinti gli analisti di Nomura, prevedendo che l’economia cinese si ridurrà in questo trimestre. “Lo shock nella seconda economia più grande del mondo oltre a essere il maggiore Paese produttore si diffonderà e avrà un impatto sui mercati globali”, hanno affermato gli esperti in una nota, in cui hanno tagliato l’outlook sul Pil della Cina dal +8,2% al +7,7% per il 2021.
Il rally del petrolio continua
Intanto i prezzi del petrolio continuano a salire, con il greggio Brent che si sta avvicinando agli 80 dollari e il WTI non troppo lontano.
“La crisi energetica globale potrebbe vedere la domanda di greggio aumentare se l’emisfero settentrionale sperimenta un inverno freddo, con molti paesi non attrezzati per farvi fronte.
Se lo slancio è sostenuto, la pressione crescerà sull’OPEC+ per accelerare il ritmo dell’aumento della produzione, dopo uno storico taglio della produzione all’inizio della pandemia. I piani per aumentare la produzione di 400.000 barili al giorno, ogni mese, vedranno la produzione tornare alla normalità entro la fine del prossimo anno, ma i recenti eventi potrebbero richiedere al gruppo di accelerare il ritmo.
L’ultima cosa di cui l’economia globale ha bisogno in un periodo invernale incerto è una crisi del carburante. I produttori potrebbero non affrettarsi a prendere una decisione, con alcuni potenzialmente a proprio agio con i prezzi a questi livelli e altri che vogliono vedere se ulteriori restrizioni accompagnano gli aumenti di Covid che pesano sulla domanda” spiega Craig Erlam, analista di mercato senior, Regno Unito e EMEA, OANDA.