ROMA (WSI) – Nel tentare di apprezzare il valore dello yuan dopo la serie di maxi svalutazioni iniziata lo scorso 11 agosto, la Cina ha visto crollare le riserve valutarie straniere di un ammontare equivalente a $93 miliardi, lo scorso mese. Si tratta di una flessione record su base mensile, provocata anche dal disperato tentativo delle autorità di arginare la fuga di capitali.
Alla fine di agosto le riserve valutarie straniere si sono attestate a $3.560 miliardi.
Pechino ha deprezzato lo yuan da 6,2 nei confronti del dollaro fino a 6,4, agli inizi dello scorso mese. Successivamente il rapporto di cambio si è stabilizzato, e anche rafforzato. Ma a un costo, dal momento che, al fine di risollevare il valore dello yuan, le autorità hanno dovuto vendere massicce quantità di dollari.
Intanto la Cina ha ammesso l’esistenza di una bolla sull’azionario. La China Securities Regulatory Commission ha dichiarato che “il rialzo del mercato azionario è stato troppo repentino e ampio, formando bolle di mercato”. Di conseguenza, “inevitabili sono stati i successivi crolli e le fasi di aggiustamento”. Tuttavia, “al momento, i rischi di mercato e le bolle si sono smorzati”.
La Commissione ha reso noto che il price to earnings (P/E) dell’indice Shanghai Composite è sceso da 25 della metà di giugno a 15,6.
Il P/E dello Shenzhen Component Index è calato da 70,1 a 37,3, mentre quello del Nasdac cinese, il ChiNext Index, è crollato da 134,5 a 63,6.
Da segnalare che l’indice Shanghai Composite Index è balzato +154% dal luglio del 2014 fino a 5.178 punti dello scorso 12 giugno, 2015, per poi crollare -38% fino a mercoledì scorso.
Tuttavia, nonostante l’ammissione, la Cina continua a manipolare il mercato, tanto che l’agenzia di stampa Xinhua ha reso noto, citando una fonte anonima della Commissione di Borsa (appunto la China Securities Regulatory Commission), l’intenzione di fermare il trading dei titoli azionari per un periodo di tempo non specificato, in caso di forte crollo. (Lna)