NEW YORK (WSI) – La Cina ha lanciato martedì il fix nazionale del prezzo dell’oro denominato in yuan: lo Shanghai gold fix. Sono 18 le istituzioni che partecipano al fixing di Shanghai, fra queste sono presenti anche Bank of China e China Construction Bank.
Il Dragone, che è il principale produttore del metallo giallo, oltre che fra i suoi principali compratori insieme all’India, pone così la sua sfida al tradizionale London Gold Fixing, anche se le conseguenze concrete di questa novità, almeno nell’immediato, potrebbero essere non essere molte. I controlli sui capitali e il divieto di esportazione sui lingotti d’oro, infatti, restano barriere molto alte per la comunità del trading globale.
“Come l’India anche la Cina è un Hotel California per l’oro” dichiara Adrian Ash, responsabile della ricerca presso BullionVault, vale a dire: mercati in cui si può entrare, ma dai quali è impossibile uscire, “il metallo entra, ma non può uscire (non legalmente, almeno)”.
Secondo Ash è più probabile che questo nuovo benchmark acquisisca un’importanza solo regionale.
E’ di parere non dissimile Robin Bhar, analista presso Societe Generale: “E’ uno sviluppo importante, ma fintantoché rimane dentro un sistema monetario chiuso avrà limitate ripercussioni globali. Per un benchmark veramente efficiente, ci vuole un mercato privo di restrizioni e ostacoli quanto più è possibile”.
Nelle intenzioni della Cina, l’acquisto di maggiore importanza e l’ottenimento eventuale del predominio nel mercato dell’oro aiuterà ad allargare il ruolo internazionale dello yuan. Fra gli ottimisti c’è il vice governatore della Pboc, Pan Gongsheng, che ha dichiarato: “il mercato dell’oro ha rare opportunità di sviluppo” e l’isitutizione dello Shanghai gold fix “aumenterà l’impatto del renminbi sul pricing dell’oro”.
Fonte: Bloomberg