L’articolo fa parte di un lungo dossier sulla Cina pubblicato sul numero di marzo del magazine Wall Street Italia.
di Elenoire Laudieri
Mentre nelle nazioni occidentali il virus Covid-19 continua ogni giorno a contagiare migliaia di persone e mietere centinaia di vittime, in Cina, dove il virus ha contaminato per la prima volta l’uomo prima di diffondersi in tutto il resto del mondo, la vita è tornata ormai alla normalità. Ogni tanto viene individuato qualche sporadico caso, ma il pericolo che possa avere effetti pandemici viene immediatamente neutralizzato.
Come ha fatto la Cina, nonostante sia di gran lunga la nazione più popolosa del mondo e come tale possa costituire un terreno fertile per la diffusione di malattie infettive, a reprimere un virus così contagioso come il Covid-19?
Cina: a mali estremi, estremi rimedi
La risposta a questa domanda chiama in causa diversi fattori, a cominciare dalle misure draconiane che sono state prese per bloccare la propagazione del virus dopo un’iniziale sottovalutazione della sua pericolosità e il successivo maldestro (e presto interrotto) tentativo di tenere la popolazione e il resto del mondo all’oscuro dell’infezione.
Il 23 gennaio dello scorso anno in piena notte, seppur con un ritardo di oltre un mese dal manifestarsi dei primi contagi nella città di Wuhan, fu deciso senza alcun preavviso di sigillare letteralmente l’intera città e la decisione fu poi estesa all’intera provincia di Hubei. Undici milioni di cittadini residenti a Wuhan furono costretti a restare chiusi nelle loro abitazioni per un periodo imprecisato di tempo e fu consentito a un unico componente di ogni nucleo familiare di uscire per acquistare in tempi stretti generi di prima necessità. Inoltre, fu decretata la chiusura di tutte le attività commerciali e industriali, a eccezione dei supermercati e mascherine protettive furono capillarmente distribuite in ogni domicilio.
Wuhan divenne una città fantasma mentre per il resto del paese furono messi a punto strumenti digitali in grado di individuare tempestivamente il diffondersi dell’infezione e e isolare immediatamente le persone infette e gli eventuali contatti di costoro. Grazie a queste misure draconiane la Cina è riuscita a mettere sotto controllo il virus nel giro di soli due mesi, trascorsi i quali alla gente è stato consentito gradatamente di riprendere a circolare, munita di mascherina protettiva e attenta a rispettare le altre precauzioni indicate dalle autorità sanitarie.
Tanto che nel mese di agosto Wuhan fu teatro di una grande celebrazione popolare, una sorta di festa di ringraziamento per la fine dell’epidemia e di commemorazione degli oltre 4.000 concittadini vittime del virus. In aggiunta a tutto ciò, alla fine di luglio 2020, è stato dato avvio alle vaccinazioni di massa ricorrendo a una serie di vaccini elaborati e sviluppati in Cina.
Non c’è stato pertanto il bisogno di attendere la fornitura di vaccini prodotti all’estero. Più di 600 milioni di cinesi sono già stati vaccinati e le attività economiche hanno ripreso a funzionare a tempo pieno già da metà dello scorso anno, tanto che la Cina è una delle poche nazioni ad aver registrato una crescita nel 2020.
L’educazione civica di un popolo
Se paragonata alla situazione che si è riscontrata in Occidente e in particolare in Europa, dove la pandemia è ancora fuori controllo con l’aggravante dell’accresciuta contagiosità delle varianti del virus e i problemi relativi ai ritardi nelle forniture dei vaccini, la Cina ha di che inorgoglirsi per l’efficacia con cui ha condotto la sua campagna contro il Covid-19 e non c’è da sorprendersi se il governo cinese ne stia traendo dei dividendi in chiave politica.
Il monopartitismo e la conseguente prerogativa di poter prendere decisioni senza doverne rendere conto a un parlamento liberamente eletto né ad alcun avversario politico, è sicuramente un vantaggio per un governo che si trovi a fronteggiare situazioni di estrema emergenza.
Tuttavia il fattore decisivo che più di ogni altro ha consentito alla Cina di superare a pieni voti la sfida cruciale che si è trovata di fronte, è la responsabilità e la disponibilità del suo popolo a farsi carico anche dei sacrifici più estremi quando è in gioco l’interesse comune. Sarà il confucianesimo, i cui valori nonostante il totalitarismo ideologico che continua a dominare la politica in Cina ancora permea lo spirito dei suoi cittadini, oppure lo scrupolo con cui vengono osservate le leggi, oppure la docilità dei cinesi nei confronti di chi ha la responsabilità di guidare il Paese, ma un fatto è certo: senza un popolo pronto a rispettare il rigore delle misure antivirus nessun regime, anche il più tirannico, sarebbe stato in grado di battere in tempi così rapidi la pandemia.