“L’austerity è stata avventata”. È il mea culpa di Jean Claude Juncker, presidente della Commissione europea.
Intervenuto a Strasburgo in occasione dei 20 anni dell’euro, il lussemburghese ha rilasciato parole clamorose in merito al suo stesso operato, ammettendo che le politiche adottate sotto la sua guida sono state avventate e decisamente poco solidali.
Non solo; il presidente della Commissione, l’organo esecutivo dell’Unione Europea, ha aggiunto che gli insulti rivolti dalle istituzioni europee verso i greci in merito alle loro scelte fiscali sono stati sbagliati.
Più precisamente, Juncker ha dichiarato:
“C’è stata dell’austerità avventata, ma non perché volevamo sanzionare chi lavora e chi è disoccupato: le riforme strutturali restano essenziali.
Durante la crisi del debito non siamo stati sufficientemente solidali con la Grecia e con i greci, che abbiamo insultato”.
Ha poi continuato Juncker, aggiungendo:
“Mi rallegro di constatare che la Grecia, il Portogallo ed altri Paesi hanno ritrovato se non un posto al sole, almeno un posto tra le antiche democrazie europee”.
Frase, quest’ultima, che fa sorridere, se si pensa al ruolo che ha avuto la Grecia nello sviluppo storica della democrazia.
Dichiarazioni alle quali non si sono fatte attendere le risposte. Tra queste, quella del vice Presidente del Consiglio Luigi Di Maio che, tramite il suo profilo twitter, ha definito come “lacrime di coccodrillo” le parole di Juncker, rincarando poi la dose sul blog del M5S:
“Juncker e tutti i suoi accoliti hanno devastato la vita di migliaia di famiglie con tagli folli mentre buttavano 1 miliardo di euro l’anno in sprechi come il doppio Parlamento di Strasburgo. Sono errori che si pagano; i cittadini europei non si fanno fregare da finti pentimenti fuori tempo massimo e il 26 maggio non avranno nessuna pietà”.
Una disamina, quella di Juncker, prevista anticipatamente da molti dei suoi avversari politici, da sempre a favore di scelte economiche completamente opposte.
Proprio sulla base delle modalità e delle tempistiche con cui è stato riconosciuto l’errore, i più pensano ad una mossa strategica per recuperare terreno in vista delle prossime elezioni europee, piuttosto che di un reale convincimento in merito al necessario cambio delle attuali politiche economiche.