Il clima da una parte, la global minimum tax dall’altra: il G20 di Roma si chiude con due risultati, a cui se ne aggiunge un altro che riguarda l’Italia. Il governo Draghi ha triplica il fondo green sul clima arrivando a 1,4 miliardi l’anno per i prossimi 5 anni. Ma vediamo nel dettaglio i risultati.
G20: global minimum tax del 15%
I leader dei Venti hanno approvato entrambi i pilastri dell’accordo già raggiunto in seno all’OCSE: una aliquota minima del 15% e la possibilità tassare le imprese con almeno 20 miliardi di fatturato nei Paesi dove realizzano il proprio fatturato mediante redistribuzione del gettito. Ciò significa che dal 2023 le grandi multinazionali saranno assoggettate ad una aliquota del 15%, ovunque queste spostino la loro sede, e che i benefici stimati in 125 miliardi di dollari andranno a spalmarsi fra tutti i Paesi aderenti.
E secondo uno studio indipendente la tassa genererà almeno 60 miliardi di dollari di introiti l’anno solo per gli Stati Uniti. Dopo l’approvazione da parte dei capi di Stato e di governo, l’accordo sulla minimum tax deve essere trasformato in legge nei vari Paesi, con l’obiettivo di implementarla nel 2023. Uno scoglio ancora da superare, sottolineano esperti e analisti, è comunque la creazione di un meccanismo credibile di risoluzione delle dispute a livello internazionale.
Il progetto per una tassa minima globale sulle grandi società era stata proposto dalla segretaria al Tesoro Usa Janet Yellen, ad aprile scorso, nell’ambito della politica della nuova amministrazione del presidente Biden. Il numero uno della Casa Bianca dovrà comunque affrontare l’opposizione repubblicana al Senato alle nuove regole.
Clima: tetto da 1,5 gradi di riscaldamento globale
L’altro risultato al secondo giorno di vertice è quello sul clima, incassato proprio mentre prende il via la Cop26 di Glasgow. I Venti hanno firmato l’impegno a mantenere il riscaldamento globale sotto 1,5 gradi, riconoscendo anche he è scientificamente dimostrata la necessità di intervenire, ma dalla bozza finale del G20 di Roma scompare la deadline del 2050 per un mondo a zero emissioni sostituita da un più generico “entro o attorno” metà secolo.
Un risultato che il premier Mario Draghi rivendica comunque come “un successo”, che “getta le basi per una ripresa più equa”, ricordando che negli accordi di Parigi non c’era alcun tipo di scadenza, né vaga né precisa.
“Non è stato facile raggiungere questo accordo, è stato un successo”, ha detto il premier Mario Draghi nella conferenza stampa conclusiva del summit, ringraziando gli sherpa e chi ha partecipato all’organizzazione di un G20 “straordinario”.
Non sono mancate le polemiche. Jörn Kalinski, Senior Advisor di Oxfam, al termine del summit di Roma, ha bollato il G20 di Roma, come “privo di ambizione e incapace di offrire un piano d’azione concreto”. Lo ha detto sottolineando che “questo vertice avrebbe dovuto dare risposte efficaci, innovative ed eque a un mondo che faticosamente si avvia verso la fase post-pandemica, ma i leader non sono stati all’altezza delle sfide epocali in corso”.
Sul clima timidi ma insufficienti passi in avanti – sottolinea Oxfam in un comunicato – fallimento sulla riduzione del debito dei Paesi in via di sviluppo e misure poco ambiziose per il sostegno ad una ripresa economica globale più equa. “Confermare l’obiettivo di 1,5°C dell’Accordo di Parigi era un requisito minimo. Se questo impegno non e’ accompagnato da una revisione dei piani nazionali che permetta di riallinearsi su questo obiettivo, ben poco potrà cambiare.”.