Roma – Niels Bohr ed Erwin Schrodinger, rispettivamente nel 1933 e nel 1944, cercarono di interpretare la questione centrale della biologia e cioè rispondere alla domanda: cos’è la vita? Ambedue rimasero piuttosto frustrati dalle ovvie limitazioni dei principi della fisica e della chimica noti fino ad allora. Ebbene, un annuncio sensazionale o straordinario potrebbe forse oggi dare una risposta. Utilizzo il condizionale perché di questa notizia si conosce molto poco e non vi sono elementi certi.
È possibile che «Curiosity» il robot lanciato dalla Nasa nel novembre 2011, abbia identificato tracce di possibile materiale organico su Marte. Da molto tempo è noto che sul pianeta rosso c’era una grande quantità di acqua, elemento essenziale per lo sviluppo della vita basata sul carbonio. Ma tutti gli esperimenti fino a oggi eseguiti hanno prodotto dati inconcludenti.
Nel settembre del 2012 gli scienziati della Nasa avevano già riferito che alcuni idrocarburi policiclici aromatici, sottoposti alle condizioni ambientali estreme dello spazio interstellare, vengono trasformati, attraverso processi chimici complessi come l’idrogenazione, l’ossigenazione e l’idrossilazione, in composti organici più organizzati che rappresentano un primo passo lungo il percorso che porta alla formazione di aminoacidi e nucleotidi, le materie prime di proteine e del Dna.
Il 29 agosto 2012, gli astronomi dell’Università di Copenaghen hanno scoperto una molecola di zucchero specifico in una stella lontana a circa 400 anni luce dalla terra. Questa scoperta suggerisce che le molecole organiche complesse si possono formare nei sistemi stellari prima della formazione dei pianeti.
Tutto ciò non deve condurci tuttavia a ipotesi semplificatrici dell’esistenza di vita su altri pianeti, almeno per come conosciamo noi la vita. Tutte le forme di vita sulla terra sono basate su reazioni chimiche del carbonio, ma non è dimostrato che tutte le possibili forme di vita dell’universo utilizzano il carbonio, pur essendo questo il quarto elemento più abbondante nell’universo.
Il 6 agosto del 1996 un meteorite marziano, Alh 84001 è diventato famoso per la presenza su di esso di tracce di vita evidenziate dal microscopio elettronico che ha rivelato strutture di forma simile a fossili di batteri. L’annuncio di una possibile vita extraterrestre ha suscitato molte polemiche in tutto il mondo che non sono ancora concluse.
Sono stati fatti numerosi test per verificare la veridicità biologica del ritrovamento e viceversa numerosi test per dimostrare ipotesi non biologiche basate su processi chimici generati da fenomeni vulcanici o conseguenti all’impatto del meteorite sul pianeta stesso, fino alla possibile contaminazione esterna successiva al ritrovamento (una ipotesi che viene ritenuta molto probabile).
La biologia non ammette considerazioni ipotetiche. I fenomeni biologici o sono reali, o sono astratti. Non si può affermare in biologia che un fenomeno, essendo possibile, deve per forza esistere. Per le speculazioni non vi è posto nella biologia. L’origine della vita sulla terra è argomento di ricerca e vi sono stati molti progressi, ma non è ancora chiaro se la vita potrebbe essersi formata in modo autonomo e chimicamente guidata. L’ipotesi alternativa è che i primi elementi di vita possono essersi formati su un altro pianeta con condizioni ancora più favorevoli (o anche nello spazio interstellare) e trasportati sulla terra attraverso, ad esempio, meteoriti.
Per avere certezze bisognerà aspettare il prossimo 3 dicembre, quando a San Francisco vi sarà la conferenza stampa programmata presso l’American Geophysical Union. Io non so se in questa conferenza saranno dimostrate prove concrete e inconfutabili, probabilmente no, perché parafrasando Renato Dulbecco, «creare la vita facilmente è impossibile perché è una cosa troppo complicata…» e forse dovremmo ancora attendere altre scoperte, altri annunci.
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