Ieri il nuovo codice antimafia è diventato legge. Nato con l’obiettivo di colpire il patrimonio delle organizzazioni criminali organizzate, il nuovo impianto legislativo ha ampliato la platea dei soggetti interessati per arrivare a includere anche le persone corrotte, chi tenta di truffare lo Stato italiano e l’Unione Europea, chi pianifica atti terroristi e persino gli stalker. Basta insomma inviare un sms di troppo, fanno notare i giornali in edicola, per rischiare di vedere confiscati i propri depositi in banca.
Chi sbaglia si vedrà sequestrato conto in banca, casa, automobili e altri beni patrimoniali, prima che si tenga un processo e una condanna. La legge è stata criticata dai politici “garantisti” che la reputano la più giustizialista degli ultimi venti anni. Da tempo il governo voleva riformare il Codice Antimafia e lo scorso 19 luglio è arrivata l’approvazione al Senato. Ma è dal 2015 che il testo è discusso in aula.
Ieri il codice Antimafia è diventato legge in seguito all’approvazione alla Camera con 259 voti favorevoli e 107 contrari. La riforma renderà più veloci la confisca dei beni e altre misure di prevenzione, nonché l’applicazione a tutta una serie di nuovi destinatari, tra cui chi ha aiutato i latitanti a delinquere e chi ha commesso reati contro la pubblica amministrazione.
La nuova legge introduce inoltre il controllo giudiziario delle imprese che rischiano di subire infiltrazioni mafiose, per un periodo da uno a tre anni, e la creazione di un fondo da 10 milioni di euro l’anno per aiutare la ripresa economica delle aziende vittime di sequestri e confische, per fare in modo che a rimetterci non siano i dipendenti. L’obiettivo è infatti quello di consentire ai lavoratori di conservare il posto. Infine, è stata stabilita la riorganizzazione dell’Agenzia nazionale per i beni confiscati, che resta sotto la vigilanza del ministero degli Interni.
Codice Antimafia: scenari orwelliani non lontani dalla realtà
La legge, scritta dal Pd sotto la supervisione dal ministro della Giustizia Andrea Orlando e sponsorizzata dalle associazioni antimafia, è composta da 36 articoli suddivisi in sette capi. L’idea è quella di colpire la parte più importante dell’attività mafiosa, quella economica, come il business e i patrimoni, tramite l’esecuzione di sequestri e confische nel giro di 24 ore e sulla base unicamente di sospetti. Senza che ci sia stata alcuna condanna. Scenari kafkiani e orwelliani, in cui si viene puniti per un crimine ancora non dimostrato, non sono poi così lontani dalla realtà.
“Il reato di “Atti persecutori” introdotto nel nostro ordinamento nel 2009 – spiega Libero Quotidiano – è molto grave e può salvare molte vite umane (specie di sesso femminile), ma non vi è dubbio che uno stalker difficilmente ha la stessa pericolosità sociale di un mafioso o di un terrorista internazionale. C’è dell’altro. Il reato di stalking consiste in un «insieme di condotte persecutorie ripetute nel tempo come le telefonate, le molestie, i pedinamenti, le minacce che provocano un danno alla vittima incidendo sulle sue abitudini di vita oppure generando un grave stato di ansia o di paura» e dunque lascia un ampio margine discrezionale ai magistrati chiamati a valutare la gravità degli atti che provocano «turbamento». Secondo la Cassazione gli «atti» devono essere almeno tre”.
“Chi è sospettato di Atti persecutori rischia di vedersi confiscato tutto nel giro di poche ore esattamente come un mafioso, di subire lo stesso trattamento. I sequestri possono essere disposti sui conti correnti italiani ed esteri, sui beni mobili, immobili e addirittura sugli esercizi commerciali e sulle aziende”. In seno allo stesso Pd autore della legge, diversi esponenti politici avevano sollevato qualche dubbio sull’ipotesi di mettere sullo stesso piano reati diversi tra loro e sulle misure coercitive preventive contro persone sospette, caratteristiche più di un mondo distopico che di una democrazia.
“Estendere le misure antimafia ai reati comuni rischia di mandare a carte quarantotto i principi costituzionali” ha dichiarato Francesco Paolo Sisto, deputato di Forza Italia che come professione fa il giurista. I legali di fiducia di Silvio Berlusconi hanno sottolineato che se questo codice Antimafia fosse entrato in vigore prima, l’ex premier avrebbe rischiato il sequestro preventivo delle sue società. Anche da Confindustria sono preoccupati per gli effetti distorsivi che potrebbe provocare il nuovo codice Antimafia: l’associazione degli industriali teme che si interrompano molti appalti.