L’isolamento imposto dalla crisi pandemica ha rivoluzionato, in certi casi in modo traumatico, stili di vita e modalità di lavoro. I relativi ambienti devono essere innovati per rispondere alle nuove esigenze di flessibilità e smart working, in cui le persone sono in eterno movimento e alla ricerca di un bilanciamento diverso tra attività lavorative e ricreative (definita work-life balance) ma anche di un rinnovato desiderio di comunità, apertura e scambio.
Se la condivisione è uno dei paradigmi dell’economia digitale, la sharing economy è la parola chiave dei nuovi stili di vita. Famiglie allargate, lavoro flessibile o precario, iperinflazione, ritmi veloci e urgenza di sostenibilità ambientale portano a un’esigenza di condivisione, scambio e collaborazione alla base dei nuovi insediamenti abitativi di cohousing e coliving. Questi sono un modo collaborativo di vivere la casa insieme agli altri per brevi o lunghi periodi che fa risparmiare denaro, privilegia i rapporti umani e riduce gli sprechi ambientali.
Rispetto alle vecchie generazioni si tratta di un notevole cambio di prospettiva, dato che la casa di proprietà in Italia è sempre stata vista come traguardo di vita. In periodi di crisi si fa di necessità virtù e al posto di acquistare casa impegnandosi con un mutuo, c’è chi pensa sia meglio tornare a pagare un affitto, magari per vivere con persone con idee affini alle proprie.
Ma cosa significa davvero cohousing?
Di coworking tutti abbiamo sentito parlare, mentre la parola cohousing in Italia si sta diffondendo solo ultimamente. Si tratta di un modello abitativo in cui gli spazi privati di un normale condominio si combinano alla condivisione di spazi comuni. Precise regole assicurano la convivenza tra spazi pubblici e privati. Nel coliving si crea un forte senso di appartenenza che muove le persone verso il benessere collettivo. Come estensione del coworking, vede giovani studenti universitari e professionisti tra i maggiori destinatari di un nuovo modo di abitare che prevede zone riservate e altre in comune per passare il tempo libero, studiare, lavorare ed eventualmente divertirsi in compagnia.
Se nei moderni condomini quasi non ci si saluta più tra vicini di casa e si litiga alle assemblee, i futuri inquilini del cohousing si uniscono in un progetto di vita comune che privilegia la solidarietà e il pensiero ecologico. Nel cohousing non esistono infatti scambi di denaro in cambio di qualsiasi prestazione. La moneta di scambio è il tempo e le competenze che ognuno può mettere a disposizione, come la cura di animali e anziani. In questo modo si possono ridurre le spese condominiali di circa il 15%.
Arredare il nuovo “habitat umano” con Colombini Group Contract
Nel progettare i nuovi spazi, si parte proprio dall’efficientamento energetico per arrivare all’arredamento che incoraggi un forte senso di comunità. Il dinamismo e la flessibilità di questi ambienti richiedono infatti nuove tipologie di arredi altrettanto versatili, capaci di bilanciare attività lavorative e ricreative, che diano forma a nuovi comportamenti.
Ne sono un esempio isole culinarie completamente attrezzate per condividere non solo i pasti ma anche, ad esempio, corsi di cucina; librerie capaci di trasformarsi in biblioteche; rooftop con piscina e orto botanico; aree di coworking aperte 24 ore su 24, 7 giorni su 7; sale con proiettore cinematografico, arredi per meeting e spettacoli; aree benessere con palestra, sauna e sale per praticare yoga o meditazione e area giochi per i coinquilini più piccoli.
Le nuove proposte di arredi ibridi di Colombini Group Contract, concepite per queste aree di mezzo tra lavoro, relax e meeting, mirano proprio a reinventare gli ambienti e renderli multi-funzione anche in termini di spazi condivisi, senza rinunciare a qualità, innovazione, design ricercato e personalizzazione.